Cittadino di Camelot
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Quelle voci... poi quelle braccia che mi afferrarono e mi trascinarono di nuovo via... mi caricarono su un altro cavallo e di nuovo galoppammo... io tentai di divincolarmi, allora, tentai di liberarmi... ma tutto ciò che feci e che tentai fu assolutamente inutile, poiché la mia forza era assolutamente niente in confronto a quella di quegli uomini.
E fui portata nelle prigioni.
Stregoneria...
Quella, dunque, era la mia accusa!
“Non è vero!” esclamai “Non è vero... non sono una strega!”
Ma la mia difesa suonava ben debole di fronte alla loro parole... esitai solo per un attimo... poi tesi una mano, individuai un muro e lì mi rannicchiai, a terra, con le gambe piegate strette nella braccia, il mento sulle ginocchia e gli occhi chiusi.
“...e così il cavaliere, dopo aver superato tutte quelle prove ed aver dimostrato il suo valore in mille modi, dopo essere giunto presso quel regno nel quale mai nessun altro avrebbe osato addentrarsi e dopo aver sfidato e sconfitto il malvagio signore di quelle terre, riuscì finalmente a riscattare la salvezza della sua amata.”
La voce di Guisgard si spense ed intorno a noi non rimase che il silenzio della foresta ed il debole fruscio del vento tra gli alberi.
Per qualche tempo restammo così, immobili... poi il ragazzino ruotò lo sguardo su di me e rimase a fissarmi...
Sapevo perché.
Solitamente a quel punto delle sue storie io applaudivo, o sorridevo, o ponevo delle domande... quel giorno, invece, il mio silenzio ed il mio immobilismo, la mia assoluta mancanza della pur minima reazione dovette essergli sembrata curiosa, o almeno insolita.
Si voltò a fissarmi, dunque... ma io non dissi niente.
La mia mente era cupa, quel giorno... i miei pensieri erano pesanti... e per qualche sciocca ragione mi sentivo quasi in collera con lui. Sì, perché nella sue storie tutto andava sempre bene, tutto aveva un lieto fine... ed a me piaceva crogiolarmi in quel mondo che sapeva creare ogni volta solo per me, solo per noi... poi però arrivavano giornate come quella, nella quale mi era svegliata di soprassalto e madida di sudore freddo... quei giorni nei quali facevo quei sogni che sembravano così veri...
“E se non ci fosse riuscito, invece?” domandai all’improvviso, sull’onda di quei cupi pensieri.
Lui si limitò a fissarmi più intensamente, come tentando di capire cosa avessi di strano e diverso quel giorno...
“Se il cavaliere avesse perso contro il suo avversario?” rincarai “O se non si fosse affatto recato in quelle terre? Se non avesse voluto rischiare tanto? Oppure se... che so... se quella dama avesse voluto liberarsi da sola? Possibile che nelle tue storie le dame debbano sempre aspettare qualcuno che le salvi?”
Guisgard sollevò un sopracciglio, senza staccare i suoi occhi dai miei... le mie parole suonavano chiaramente provocatorie e lui lo sapeva... solo che non sapeva il perché... ed io non ero dell’umore giusto per spiegarglielo.
“Che cosa succede?” domandò, soltanto.
“Niente!” ribattei secca.
Per qualche altro attimo mi osservò... poi sorrise.
“Beh... cosa c’è di male? Dimmi...” soggiunse scherzosamente “Tu non vorresti essere salvata?”
Non avrebbe dovuto dirlo.
Lo fissai per qualche attimo, sentendo crescere in me quel misto di paura e di rabbia...
“No!” dissi... e lo dissi più duramente che potei, tanto da colpirlo...
E probabilmente ci riuscii perché per qualche attimo rimase in silenzio. Poi incrociò le braccia dietro la testa e si distese al sole...
“Bene...” mormorò, con quell’aria noncurante che in quel momento contribuì solo a farmi arrabbiare ancora di più.
“Bene!” sbottai.
“Bene!” ribadì.
Questa volta fui io ad osservarlo in silenzio... le gambe distese sull’erba, le braccia dietro la testa ed il viso al sole, sereno in quell’espressione di arrogante noncuranza dietro cui sapeva rinchiudersi con tanta abilità... ed in quel momento, osservandolo mentre le immagini di quel sogno orribile continuavano a vorticarmi in mente, fui probabilmente molto vicina a detestarlo...
“Non verresti, dunque?” domandai infine.
“Dove?” domandò con voluta indifferenza.
“A... a salvarmi!” mormorai “Se fossi... se per caso fossi rinchiusa... o in pericolo...”
Il volto di Guisgard rimase del tutto impassibile per tutti i lunghi minuti nei quali continuai a fissarlo... infine sorrise appena, senza però degnarsi di aprire neanche un occhio...
“A salvare te?” domandò “E perché mai? Non avevi detto di non voler essere salvata? Com’era? Ah, si... avevi detto che le dame non dovrebbe sempre aspettare di essere salvate, ma potrebbero anche salvarsi da sole! Giusto? E’ questo che vuoi, no?”
Quella risposta leggera, sarcastica, mi fece male...
Non ebbi il coraggio né la forza di dire niente... lentamente mi alzai, mormorando qualcosa che suonò un po’ come ‘va’ al diavolo’, e mi avviai verso il Casale.
Per una frazione di secondo sperai che dicesse qualcosa per fermarmi, ma non lo fece... e così aumentai il passo ed un istante dopo ero svanita tra gli alberi.
Ed intanto quel sogno continuava a vorticarmi in mente... era stato così vero... così realistico... e mi aveva fatto così paura...
Avevo anche desiderato raccontarglielo, all’inizio... ma poi le cose avevano preso una piega diversa e così...
Correvo per la foresta senza neanche guadare dove andassi, ormai... mi sentivo come se qualche cosa di ruvido ed ingombrante mi si fosse incastrato in gola e mi impedisse persino di respirare...
Ero quasi arrivata al limitare della foresta, là dove gli alberi cedevano il posto al prato e poi al giardino, separati da essi solo da una bassa staccionata, quando una mano mi strinse il polso, costringendomi prima a fermarmi e poi a voltarmi...
Per qualche attimo restammo immobili, l’uno negli occhi dell’altra... i suoi, limpidi ed indagatori, tentavano di scorgere nei miei, adesso vermigli, ciò che mi aveva indotta a tale risoluzione...
“Verrei!” disse ad un tratto, senza preavviso.
“Va’ al diavolo, Guisgard!” mormorai, chinando la testa per sottrarmi da quegli occhi.
Lui non rispose subito... la presa della sua mano sul mio braccio era salda... poi lentamente iniziò ad allentarla, fino a diventare appena una carezza...
“Che cosa succede?” chiese allora “Che cosa c’è, Talia? ...E non dire che non c’è niente perché so che non è vero!”
Quella mano che teneva stretta la mia e quello sguardo, ora non più indagatore ma dolce e vagamente preoccupato, sciolsero il mio animo e di nuovo quella cieca paura tornò a farsi irrazionalmente largo in me... però adesso non mi sentivo più sola.
“E’ stato qualcosa che ho visto stanotte...” iniziai a dire “Era così vero! Era così reale... quasi una visione...”
Guisgard sorrise...
“Talia... è stato solo un sogno!”
“No! No, Guisgard... tu non capisci...” tremavo sempre più vistosamente “Tu non sai... tu non l’hai visto... ma non era solo un sogno! So ciò che dico e so ciò che ho visto: non era un sogno normale!”
I suoi occhi tornarono seri, allora... annuì.
“Perdonami... Dimmi che cosa hai visto, ti prego!”
“Ho visto delle prigioni... ho visto che mi rinchiudevano lì... dicevano che ero una strega e che dovevano bruciarmi... ed io avevo così paura... e mi sentivo così colpevole...”
“Perché colpevole?” chiese lentamente.
“Non lo so...” mormorai, scuotendo appena la testa “Aveva a che fare con qualche cosa che avevo fatto... qualche cosa che avevo fatto pensando di far bene, di risolvere la situazione...”
“Quale situazione?”
“Non lo so... so solo che era una situazione che mi spaventava... non vedevo via di uscita e perciò ho preso, infine, quella decisione... e poi... non so... qualcuno si era fatto male, credo!”
“Chi? Chi si era fatto male?” chiese ancora.
“Non lo so!” dissi... e lo dissi quasi urlando questa volta, gli occhi lucidi e le guance rigate di sottili lacrime.
“Ed io?” mormorò quasi a fatica “Io non c’ero nel tuo sogno?”
Per un attimo lo osservai... poi scossi la testa...
“No...” mormorai “Tu non c’eri! Io... io ricordo che ti pensavo... ma non sapevo dov’eri... e forse tu non sapevi dov’ero io... e...”
La mia voce si spezzò, questa volta irrimediabilmente ed io non riuscii più a continuare.
“Va bene... basta!” mormorò allora Guisgard.
Mi attrasse allora a sé e per qualche lungo minuto mi strinse forte tra le braccia... mi sentivo calda e sicura lì, mi sentivo protetta... e piansi.
Poi, lentamente, tornò a guardarmi...
“Basta così! Ascolta... io verrei a cercarti! Lo sai, vero? Verrei ovunque! E ti troverei ovunque! ...Mi credi?”
Annuii.
“Di’ che mi credi, Talia!”
“Ti credo, Guisgard!”
“Ricordatelo!”
Battei le palpebre... non sapevo quanto tempo era passato, potevano essere stati pochi minuti o molti giorni...
Intorno a me c’era silenzio, ora... ma io non ci badai molto...
Quel lontano ricordo era tornato alla mia mente quasi spontaneamente... ed ora, finalmente capii tutto... quel sogno era stato davvero una visione... ed io avevo visto proprio quel momento in quel giorno lontano...
‘io verrei a cercarti! lo sai, vero? verrei ovunque! e ti troverei ovunque!’
Sospirai.
Oh, Guisgard...
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** Talia **
"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."
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