“Nessun sopravvissuto.” Disse Philip a Talia. “Sono stati sterminati tutti. Del resto gli indigeni non avevano certo bisogno di risparmiare qualcuno, visto che sono entrati nel palazzo quasi sicuramente per rubare. Anche se poi non hanno preso nulla. Ma questo si deve al pronto ritorno di Musan con i suoi uomini. Erano usciti per un giro d'ispezione in zona, forse allarmati già da qualche sospetto. E' stato infatti lo spagnolo a scoprire il massacro. Una tragedia...”
Arkwin ascoltava quelle parole con un'espressione indefinita, come se una marea di pensieri attraversasse la sua mente.
I suoi occhi erano come trafitti da un bagliore enigmatico, sfuggente, che sembrava dire tutto, o niente.
“Speriamo che i colpevoli” aggiunse Philip “siano presto assicurati alla giustizia.” Chiamò allora il padre di Jamiel e chiese di condurre in casa il vecchio Arkwin.
Talia, nel frattempo, aveva udito il racconto della morte del Vicerè e percepiva l'angoscia dei suoi genitori e l'inquietudine di suo nonno.
Era ferma, nel bel mezzo del giardino, con ancora il libro di poesie in mano.
E proprio in quel momento dalle pagine cadde qualcosa.
Un biglietto che nessuno vide.
Nessuno tranne lei.
Era piegato più volte e recava sul bordo una massima di Mecenate:
“Vi sono uomini capaci di amare come nessun altro, il cui amore non può essere scalfito né dal tempo, né dalla morte.”
Con accanto poi una dedica:
“E quegli stessi uomini sanno anche sentire tristezza e malinconia come nessun altro, quando chi amano è lontana... e la tua bellezza mi sembra un miraggio in queste lunghe notti sul mare sterminato..."
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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