Gli occhi del vecchio Arkwin restarono per un po' in quelli di Talia.
Erano come spenti, inumiditi dall'età e dall'inquietudine.
Poi un cenno, quasi impercettibile, come voler gridare qualcosa e poi, invece, un gesto di rabbia nel digrignare i denti.
Un gesto di rabbia e di impotenza.
La fiducia di chi si ama è un bene prezioso.
Era un pomeriggio ancora luminoso, con una lieve brezza marina a schiarire l'aria.
Il Sole, ormai presso Ponente, limpido e rilucente, con i suoi raggi purpurei screziava le tenere onde del mare di un magnifico e mutevole rubino.
Talia, con passo svelto, scendeva verso la piccola spiaggia, riparata com'era da alti alberi su un pendio roccioso, che rendevano gradevole quell'angolo di costa.
“Allora un po' tieni a me.” Disse all'improvviso una voce.
Talia alzò lo sguardo e lo vide.
Stava in piedi accanto ad un albero, con lo sguardo basso ed un sorriso enigmatico sul volto.
“Volevo vedere il mare...” mormorò lei.
“Noto dalla tua voce che sei ancora arrabbiata, giusto?” Voltandosi a fissarla lui. “Forse per questo non hai risposto al mio messaggio. Quel povero facchino mi ha detto che non c'era risposta, dopo averti dato il mio biglietto.”
“Si...” rispose lei “... ed è strano...”
“Cosa è strano?” Chiese lui.
“Non sono ancora riuscita a decidermi se e quanto sono arrabbiata con te...”
“Davvero?” Sorridendo lui. “E perchè mai?”
“Per ciò che hai detto in quel biglietto...” fissandolo lei “... che pensavi volessi trascorrere in altro modo questo pomeriggio...”
“Non volevo certo essere offensivo...”
“Lo sei stato!” Con uno sguardo scuro lei. “Falso ed offensivo!”
“Ho solo detto” sempre con quel suo sorriso quasi beffardo lui “che magari andare in giro col nonno, visitare il porto, la capitaneria o magari arrivare sino ad Amsterdam può essere più piacevole che trascorrere un pomeriggio qui, a fissare il mare. Sbaglio?”
“Questo non vale anche per te?”
“Io cosa c'entro?” Tornando ad appoggiarsi a quell'albero lui. “Stiamo parlando di te...”
“Io ero tutta felice per essermi liberata oggi!” Arrabbiata lei. “E appena saputo dell'assenza del tutore sono corsa qui!”
“Forse non dovresti farti vedere in giro con un cattivo ragazzo come me...” fece lui, voltandosi e restando a fissare il mare che accoglieva il Sole morente.
“Il peggior lato del tuo carattere è nulla rispetto a quanto sai farmi arrabbiare quando fai così!” Fece allora un passo verso di lui e sentì qualcosa sotto il suo piede.
Era un foglietto nell'erba.
Talia lo prese e lo aprì...
“La notte è simile alle pagine di un romanzo, dove la Luna funge con la sua pallida luce da candela e le stelle divengono simili a note che si scrivono sul margine di ogni foglio.
E in quelle note descrivo l'eroe del romanzo che assume pian piano il mio volto e la protagonista, che invece appare con le tue fattezze.
La Fortuna, allora, che assiste l'eroe la immagino come Amore, a cui solo confido ciò che provo, mentre il tesoro che egli cerca diviene il tuo cuore da conquistare, che come uno scrigno racchiude pietre preziose.
Pietre preziose che altro non sono che il dolce ed infinito tuo battito che, come gemme e zaffiri, liberato in questa notte splende per sempre tra le pagine del romanzo della mia vita.”
Alzò allora lo sguardo su di lui, che continuava a fissare il mare.
“Non puoi fare così ogni volta!” Con la voce rotta lei. “Non puoi farmi del male e poi pensare di risolvere tutto con qualche parolina! Non puoi!”
Ad un tratto, anche lui si voltò e i loro occhi si incontrarono, illuminati com'erano da ciò che restava di quel sognante tramonto sul mare.
“Analopel!” Chiamò in lontananza Jamiel, facendo svanire quel ricordo. “Analopel, tua madre chiede di te! Sono tornati i soldati e stanno rovistando in casa! Il padrone ha preso la carrozza ed è corso dal governatore!”