Lo osservai in silenzio prendere in mano ciascuno di quegli oggetti e mostrarmeli, con quella sorta di freddo compiacimento sul volto... ascoltai le sue parole derisorie, accompagnate da quello sguardo beffardo e da un sorriso distante...
E tuttavia non dissi niente.
Mi colpiva con quello sguardo, quella voce e quell’atteggiamento... mi feriva...
ma rimasi in silenzio, immobile, impassibile dietro la mia gelida maschera di sdegno.
Questo almeno finché mi fu possibile... e mi fu possibile finché quella sorta di ostentata arroganza che lo animava non lo spinse a dire qualche cosa che, forse, non avrebbe dovuto...
Citazione:
Originalmente inviato da Guisgard
“Queste perle” fissandola Guisgard “provengono da un mio arrembaggio presso Caparis... sono purissime e perfette... quante altre devo aggiungerne a quelle già spese per acquistarvi e poter vantarmi di possedere anche il vostro cuore?” Rise. “E se aggiungessi anche questo?” Indicando il piccolo scrigno. “E' molto prezioso, sapete? Pare ne esistano solo tre al mondo... uno nelle mani del Califfo di Bagdad, un altro in quelle dell'imperatore del Giappone... ed il terzo qui, nelle mie mani...” dal suo viso svanì quel sorriso beffardo e quell'espressione di vivo compiacimento “... prendetelo, è vostro... prendete tutto ciò che più desiderate... magari vi sarà utile... vostro padre a chi vi ha promessa in sposa? Ad un mercante della sua Compagnia? A qualche amministratore dall'avvenire assicurato? O forse ad un futuro console? Destinandovi così ad una vita tranquilla... niente difficoltà, niente problemi, nessuna distanza da colmare o faide politiche da sistemare... prendete pure ciò che più vi garba...” mostrandole l'immensa fortuna che li circondava “... sarà il mio regalo per il vostro futuro sereno e tranquillo... e non temete...” sorridendo con freddezza “... non reclamerò certo il vostro cuore...” gettando lo scrigno e le perle sul ricco e sfarzoso tappetto ai loro piedi.
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Spalancai gli occhi a quelle ultime parole e li portai su di lui... per qualche istante lo fissai, senza parole... poi, prima di riuscire a trattenermi, sollevai una mano e lo schiaffeggiai con forza.
“Oh, taci!” sbottai, con la voce bassa e tremante d’ira e di dolore “Taci... tu non hai il diritto di dire queste cose, non hai il diritto di parlarmi così. Hai perso quel diritto molto tempo fa, quando mi hai dimostrato che le parole e le promesse non sono niente per te, non sono che foglie in autunno portare via al primo soffio di vento. Mi hai dimostrato che avevo avuto torto ad averti creduto, mentre mio padre aveva sempre avuto ragione. Taci, dunque... perché io non voglio ascoltarti. Non voglio ascoltarti più!”
Gli voltai le spalle e chiusi gli occhi, tentando di recuperare il controllo... ma tremavo...
“Talia...” due leggeri colpi sulla porta “Posso entrare? Sei presentabile?”
Non risposi.
“Talia?” tornò a chiamare la voce di mio padre da fuori la porta.
“Si!” dissi.
La porta si aprì, dunque, e Philip fece il suo ingresso nella mia stanza con due servitrici al seguito...
“Ma...” mormorò, fissandomi sorpreso “Ma... non sei ancora pronta? Sei in ritardo!”
“Io non parto più!” dissi.
L’uomo mi osservò per un istante, vagamente contrariato, poi con un secco gesto della mano congedò le due donne.
“Che cosa hai detto?” domandò, una volta che fummo rimasto soli.
“Io non parto più, padre!” ripetei “Mi dispiace... ma ci ho molto pensato questa notte, ed infine ho deciso: voglio restare qui... con il nonno... con Guisgard!”
All’udire quel nome mio padre socchiuse appena gli occhi, come chi è infastidito da un rumore molto sgradevole...
“Non essere ridicola, Talia...” iniziò a dire “Non puoi pensare che quell’inglese credesse davvero a tutto ciò che ti avrà detto... non puoi essere così ingenua!”
“E’ inutile, padre!” lo interruppi “E’ inutile che continuiate! Perdonatemi... non vorrei essere costretta a disobbedirvi, ma non mi lasciate altra scelta! Vi sbagliate su di lui... e che la cosa vi piaccia oppure no, io gli credo. Per questo resterò in Olanda.”
Philip van Joynson mi scrutò per un lungo momento, in silenzio... come valutandomi... sapeva che non mi avrebbe convinta, non questa volta... e sapeva che se mi avesse costretta a partire gliel’avrei fatto scontare per il resto dei miei giorni... i suoi occhi erano fissi nei miei, mi studiava, ed io mi costrinsi a sostenere quello sguardo...
Infine sospirò.
“Molto bene, signorina...” disse “Vedo che sei molto decisa! E perciò... poiché, a quanto pare, tu nutri così tanta fiducia in quell’inglese... voglio proporti un patto!”
“Un patto?” domandai sorpresa “Quale patto?”
“Ebbene... faremo così: tu adesso ti preparerai e verrai fino al molo con me e tua madre, io intanto manderò un messo dal tuo inglese per comunicargli la tua decisione ed il tuo desiderio di restare... Se verrà al porto a prenderti, allora io ti darò il permesso di restare qui con lui, con la mia benedizione e sotto la cura di tuo nonno. Ma se, come credo, non verrà... ebbene, allora partirai con noi... ed io non vorrò più sentir parlare di questa storia! Mai più! Va bene?”
Gli occhi mi si allargarono a quella proposta... non potevo credere alle mie orecchie...
“Allora?” mi incalzò mio padre “Accetti il patto?”
“Verrà!” risposi con fervore, mentre un raggiante sorriso mi illuminava le labbra “Ne sono sicura, padre. Verrà!”
“E’ dunque un sì?”
“Sì!” risposi subito.
“Molto bene...” uscendo dalla stanza, Philip “Preparati, dunque. La carrozza che ci porterò al molo sarà qui tra un’ora. Non voglio far tardi!”
Tremavo...
con gli occhi chiusi e il viso basso mi costrinsi a scacciare quel ricordo via dalla mia mente, dove si era insinuato tanto sottilmente...
tentai di scacciare via il ricordo dell’aspettativa e della felicità di quel momento lontano...
tentai di scacciare via il conseguente e tormentato ricordo della mia figura che, da sola sul porto, attendeva lui che invece non sarebbe mai arrivato... l’espressione vagamente saputa di mio padre che mi invitava, infine, a salire a bordo... la partenza per Las Baias... la delusione, la disperazione, il tormento di quei momenti e delle settimane a seguire...
Ed ora lui era lì... era lì e si permetteva di parlarmi in quel modo...
sì, tremavo... tremavo tanto che faticai a ritrovare, infine, un tono di voce neutro.
“Ed ora...” dissi lentamente, ma senza più guardarlo “Mostrami la mia cabina! Non ho nient’altro da dirti!”