Alla corte di Sigma, durante una festa solenne, il re chiese ai suoi convitati quale arma impugnasse l'Arcangelo Michele, se la lancia o la spada.
Molti allora formularono varie ipotesi, senza però riuscire a soddisfare il nobile re.
“San Michele Arcangelo” disse all'improvviso qualcuno entrando nella sala “è il Santo che protegge e custodisce la terra del mio nobile padrone.”
“Vieni avanti, allora” fece il re “e annuncia il nome del tuo nobile padrone.”
“Grazie, maestà.” Rispose il servo. “Egli è il nobile Cavaliere di Semifonte.”
Tutti mormorarono meravigliati.
Era infatti questo cavaliere un uomo molto schivo, giunto nel regno solo da poco tempo, ma già capace di far parlare di sé per le sue incredibili gesta.
Un attimo dopo nella sala entrò un giovane bardato di una meravigliosa corazza ricoperta da una tunica verde smeraldo, con una croce d'oro ricamata sul petto ed un mantello nero.
“Finalmente vi mostrate a tutti noi, cavaliere...” disse la giovane principessa Melhyca “... nel regno non si sente altro che parlare delle vostre imprese, simili più a romanzi che a cronache cavalleresche.”
“Sono solo gesta di un cavaliere, mia signora...” rispose lui “... cantate per deliziare chiunque ne chieda conto.”
“E per questa corte” fece lei “non avete nulla da raccontare, mio signore? Magari, chissà, proprio riguardo all'arma utilizzata dall'Arcangelo Michele...”
Lui sorrise ed annuì, per poi cominciare a raccontare...
Il valoroso sir Ancarius, affascinato dai racconti di alcuni viaggiatori, si innamorò, pur senza averla mai vista, della bella principessa di Sigma.
Decise così di partire per quel regno.
I suoi scudieri, però, lo misero in guardia; nel regno infatti aveva preso il potere una potente strega.
Ella teneva in scacco il re con un malefico sortilegio: aveva infatti fatto cadere la giovane principessa in un sonno simile alla morte.
Per questo il re non osava scacciarla.
Inoltre, la megera aveva imposto un terribile editto su quelle terre: nessuna Fede religiosa doveva più essere osservata, altrimenti sarebbe giunta la morte per i trasgressori.
Ancarius, acceso da amore per la bella principessa, incurante dei moniti dei suoi scudieri, partì per Sigma.
Seguendo però il consiglio di un saggio domenicano, entrò in quelle terre travestito da monaco.
Fu così subito attaccato dai soldati della strega, ma trovò la salvezza grazie ad alcuni uomini di una piccola contrada del regno.
“Padre...” disse il vecchio capo della contrada “... Dio perdoni e protegga questa terra... quella strega ci nega non solo la libertà, ma anche il naturale istinto che gli uomini hanno nel volgere i loro spiriti al Cielo... ma il vostro arrivo è una benedizione... volete celebrare per noi una messa? Sono mesi che nessuno più lo fa... non esistono più chierici a Sigma...”
E gli mostrarono una sala adibita a piccola cappella clandestina, dove, su una tavola usata come altare, dominava una statua di San Michele.
Il Santo però non recava alcuna arma con sé.
“E' stato il figlio della strega...” spiegò una donna ad Ancarius “... l'ha presa lui e per schernire il nostro Credo la utilizza per uccidere i cinghiali...” e tutti piansero.
“Ma ora voi siete qui” fece il vecchio “e ascolteremo di nuovo la Parola del Signore...”
“Padre...” avvicinandosi un anziano falegname ad Ancarius “... anche se non è quella vera, ho fabbricato questa lancia di legno per San Michele... volete adagiarla fra le sue braccia?”
Ancarius prese la lancia di legno e salendo sull'altare si avvicinò alla statua.
“Come è fatta la Lancia originale?” Chiese poi fissando quella di legno che aveva in mano.
“Era di ferro, d'oro e d'argento.” Rispose il falegname.
“Allora, riavremo quella vera!” Esclamò il cavaliere, per poi spezzare quella di legno e gettarla via.
Uscì allora con il favore delle tenebre ed attese nel bosco l'arrivo del nuovo giorno.
Non aveva però armi con sé e nell'ideare un piano cadde poi addormentato.
E sognò di un bellissimo adolescente vestito come un principe.
Questi gli parò di suo Padre e del magnifico dono che gli aveva fatto.
E mostrò ad Ancarius una superba spada.
Verso l'albeggiare, Ancarius si destò e sentì dei cani abbaiare.
Era il figlio della strega che usciva per cacciare i cinghiali e con sé aveva la magnifica lancia di San Michele.
Ancarius si guardò intorno, in cerca di un ramo o di una pietra per affrontare il nemico e proprio allora si accorse di qualcosa accanto a lui.
Era una superba spada.
La stessa che aveva sognato in pugno al principe adolescente.
Mettendo da parte lo stupore e senza farsi altre domande, impugnò l'arma e seguì il malvagio figlio della strega insieme alla sua muta.
Pian piano uccise tutti i cani e quando il figlio della strega chiamò a sé i suoi segugi, si accorse di essere solo.
Vide allora Ancarius con la spada in pugno che lo attendeva.
I due si sfidarono e il cavaliere ebbe la meglio sul blasfemo fellone.
Corse poi al palazzo di Sigma e chiese udienza.
Si mostrò allora la strega.
“Non sai, cavaliere, che per vedere il re devi portare un dono?” Fissandolo quella.
Ancarius allora mostrò alla megera la testa del suo malvagio figlio.
Per il dolore la strega lanciò un urlo e si lanciò poi nel fossato che circondava il castello.
Il cavaliere liberò il re e la corte e fu condotto nel verziere dove era addormentata la principessa.
A guardia del suo sonno incantato era stato messo dalla strega un demone.
E quello, per liberare la ragazza, impose un enigma ad Ancarius.
E così recitò:
“E' mortale.
E' un emblema.
Ne ha molte doppie.
E' un'arma da guerra.
E' conosciuto solo dagli occidentali.”
Ancarius rispose all'arcano ed il demone svanì.
In quel momento anche l'oscuro sortilegio sulla bella principessa si dissolse e nel vedere il cavaliere anche lei si innamorò perdutamente di lui.
Insieme allora ritornarono nella contrada dove c'era la cappella clandestina, per ridare la lancia all'Arcangelo Michele.
Ma, accorgendosi che quella statua raffigurava proprio il giovane principe visto in sogno, Ancarius lasciò nelle mani del santo anche la spada con cui aveva liberato Sigma.
E tornati in libertà tutti i sacerdoti ed il vescovo del regno, proprio questi celebrò, al cospetto della statua di San Michele, le solenni nozze tra il cavaliere e la bella principessa.
Finito il racconto tutti restarono meravigliati.
La principessa Melhyca chiese allora al Cavaliere di Semifonte il suo vero nome.
Lui le sussurrò quel nome all'orecchio.
Lei allora comprese ogni cosa, ricambiando così il suo amore per sempre.
E voi, dame e cavalieri di Camelot, sapete risolvere l'arcano?