Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Milady, non scusatevi.
Anzi, sono lieto che questi frammenti siano riusciti a suscitare la vostra attenzione.
L'anglonormanno Thomas racconta che quando la regina Isotta era triste, Tristano con la sua rotta suonava per lei, allietandola e scacciando via ogni sua malinconia.
Allora io, grato per queste vostre belle parole, vi descriverò un altro frammento rubato a quella storia, mostrandovi così un'altra scena di quel mondo che sta per aprire, se Dio vorrà, le sue incantate porte...
Lo stretto cunicolo, intricato e contorto, percorreva il ventre basso della montagna, tra stalattiti millenari e piccoli antri laterali, divenuti tane di fiere selvatiche e blasfemi rifugi per gli spiriti della notte.
Una vaga e inquieta penombra, generata dal buio squarciato da spiragli fra le pareti, avvolgeva ogni cosa, rendendo il tutto incerto e confuso, simile ad un pagano oltretomba.
Un tempo, passaggi come questo furono nascondigli di sette ereticali prima e catacombe di gente senza nome poi.
Ovunque si respirava la paura e l'ossessione dell'oscurità e la disperata ricerca di luce, raggiunta attraverso primitivi lucernari scavati nella nuda roccia, sembrava scandire la cupa e primordiale immobilità di quel luogo.
Di tanto in tanto graffiti e incisioni, vaghe e consumate, si potevano intravedere sulle pietre, testimonianza ormai di passaggi e asili remoti e dimenticati.
E per tutto il suo percorso, fino all'uscita che dava ad una grotta irregolare e macchiettata di rampicanti e rami secchi, il cunicolo pullulava di corpi scempiati, ammassati tra le rocce e aggrovigliati gli uni sugli altri.
Dalle espressioni deformate dalla paura e dal dolore, questi cadaveri giacevano ora in un silenzio di pietre e fango, come vittime immolate al demone della disperazione.
E quell'inclemente oblio era rotto solo dall'eco di passi che inesorabili, percorso tutto il cunicolo, si fermarono poi davanti alla grotta irregolare.
Qui un'ombra fatta di inquietudini e tormenti, avvolta in un lungo mantello dello stesso colore del crepuscolo, era ferma a fissare il monumentale ed impenetrabile castello, un tempo dimora vescovile, che sorgeva, quasi sospeso tra la terra e le tenebre infinite, sull'ancestrale selva informe nata da quella notte.
E nel silenzio che dominava su tutto si udì ad un tratto un latrato lontano.
“Tu, rinchiuso nella tua dimora di illusione e morte...” disse fra sé la misteriosa ombra “... tu, protetto da tutti gli sconsacrati spettri della notte... tu, che ti credi al sicuro dalla giustizia degli uomini e ti fai beffe di quella Divina... tu, sappi che ti ucciderò... un giorno io ti ucciderò... giuro su quanto mi resta di più sacro che ti ucciderò... ed avrò la mia vendetta...”
E a quelle parole, quasi a consacrarle in un solenne giuramento, si udì un ululato distante ed un'altra ombra, dalle fattezze di un grosso cane, sorse da quella figura che ancora immobile fissava il castello.
Solo la falce della Luna, avvolta da un manto spettrale e intrisa di una cupa dimenticanza, sembrava giungere come testimone a quella fatale promessa di morte...
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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