Quei lunghi corridoi.
Scanditi da antichi ritratti che nel chiaroscuro sembravano animarsi ed assumere strane espressioni.
Gli antichi celti credevano che i volti nell'oscurità, se riflessi su uno specchio, mutassero a somiglianza della nostra anima.
Ed un'anima malvagia mostrava un volto bestiale ed orribile.
Quei ritratti ora apparivano enigmatici, impenetrabili, inquieti alla principessa.
Come tanti specchi sui quali si riflettavano i suoi stessi stati d'animo.
Eppure parevano fissarla quei ritratti.
La luce del candelabro che aveva in mano giungeva solo a stento ad illuminarli e molti di quei tratti e di quelle fattezze divenivano così solo il frutto dell'immaginazione della ragazza.
Ad un tratto, però, cominciarono a parlare.
E le loro voci sembravano come circondarla.
Erano parole oscure, indecifrabili, forse pronunciate in una lingua lontana, a lei ignota.
Forse la lingua stessa di Capomazda.
Quella lingua che ormai solo in pochi parlavano ancora a Sygma, visto che il dominio dei duchi si era interrotto secoli fa.
Poi, improvvisamente, quella lingua diventò di colpo chiara e comprensibile.
E Talia poté capirla.
“Ora state calmo...” disse una di quelle voci “... non potete agitarvi nel vostro stato...”
“Dove mi trovo?” Chiese un'altra voce. “Voglio la mia spada? Restituitemi la mia spada!”
“Cavaliere, calmatevi...” una terza voce “... siete stato portato qui per essere curato... ora cercate di riposare e domani vi sarà restituita la vostra spada...”
“La rivoglio adesso...” dimenandosi “... rendetemi la mia spada!”
“State calmo!”
“Forse dovremo chiamare i medici...” cercando di tenerlo fermo.
“Al diavolo...” l'altra voce “... non ho intenzione di svegliare i medici nel cuore della notte, a causa dei suoi deliri...”
“Allora cosa facciamo?” Tenendolo a fatica. “Vuoi forse tenerlo fermo fino all'alba? O magari legarlo al letto?”
“No... lo faremo dormire...”
Si udì allora un colpo e poi le voci cessarono per qualche istante.
“Ecco... ora dormirà fino a domani e non ci darà più noie...”
Tutto ciò Talia lo aveva sentito provenire da una grande porta chiusa, che si trovava alla sua destra.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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