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Vecchio 17-04-2013, 01.17.05   #919
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
“Forse il dramma” disse Guisgard a Talia “sarebbe proprio quello... che quella sciagura non giungesse...” le sorrise sfiorandole il viso che aveva chinato a terra “... sapete? Queste vostre parole mi hanno ricordato un vecchio mito... quello di Andromeda e Perseo... anche lei, condannata all'infelicità, disse all'eroe giunto a salvarla di andare via, poiché sfidare quella condanna era una sciagura...” la fissò “... ma fortunatamente Perseo non ebbe paura di sfidare quella catastrofe... chissà, magari aveva origini Capomazdesi l'eroe di Argo...” le fece l'occhiolino “... ops... dimentico che non devo pronunciare Capomazda in vostra presenza!” Rise di gusto. “Qui non siete a corte...” sussurrò “... voglio vedervi serena adesso... senza pensieri e preoccupazioni...” si voltò verso Abecedarius “... allora, questa storia? Su, dobbiamo far sorridere questa bella dama!”
“Subito, miei signori!” Esclamò il libro meccanico.
E cominciò...

La campagna si presentava rigogliosa e verdeggiante e copriva tutto ciò che l'occhio dell'uomo poteva vedere in quello scenario, animato ed impreziosito dalle screziate e dolci colline dai tratti quasi fiabeschi.
Una sagoma, solitaria e silenziosa, avanzava verso l'ingresso del piccolo borgo addormentato.
Era un quieto e laborioso centro urbano, con le case rosse e le stradine che, percorrendo in lungo e in largo l'abito, salivano e scendevano, racchiuse da portici fioriti, archi ricoperti da verdeggianti rampicanti e loggette che si aprivano dove le case sembravano restringersi fino quasi a toccarsi.
Un bambino correva libero, con la sua spada di legno, fra quei saliscendi, i dossi e le piccole nicchie che nei muri racchiudevano le immagini della Vergine Assunta col Bambino.
Come un novello cavaliere da poco armato, saltellava e rincorreva nemici immaginari, che a tratti chiamava per nome, fino a raggiungere, con un balzo, la statua del superbo felino che dominava la piazzetta e il centro di quella contrada.
E proprio dal dorso della pantera, il bambino si accorse di quella misteriosa sagoma che si avvicinava.
“Papà...” disse ad un uomo che, poco più avanti, sistemava la merce davanti alla sua bottega “... guarda, arriva qualcuno!”
“Beh...” fece l'uomo alzando lo sguardo verso quella figura ormai prossima “... lascia che venga figliolo...”
E fu in quel momento che gli occhi di quella figura, chiari e luminosi, incontrarono quelli vispi del bambino.
E nel vederli, il piccolo restò meravigliato.
In groppa al suo cavallo grigio, con una lunga e snella spada che pendeva dal ricco fodero, il mantello lungo e nero, la tunica verde e dorata, quella figura raggiunse così la bottega.
“Vi secca” fece il nuovo arrivato “se passo da qui?”
“No, affatto...” fissandolo il padre del bambino “... fate pure...”
L'uomo a cavallo si fermò allora davanti alla fontana su cui si trovava la statua della pantera e toltosi il mantello si lavò il viso, mentre il bambino non riusciva a staccare gli occhi da quell'uomo.
Ad un tratto il piccolo, euforico per la presenza di quel cavaliere, brandì la sua spada di legno, colpendo poi la muratura di un portico.
A quel rumore, il cavaliere si voltò di scatto, portando subito la mano sull'elsa della sua spada.
Il bambino, davanti a quei fulminei riflessi, restò di stucco ed in silenzio.
“Marcus...” affacciandosi una ragazza dalla finestra della bottega “... non si agitano le spade davanti alla gente.”
Era una ragazza dalla pelle chiara e gli occhi scuri.
I capelli, di un biondo accennato, lunghi scendevano come pendenti sulle belle spalle, divenendo mossi e irregolari, tanto da essere tenuti insieme all'indietro da una spilla adagiata fra essi.
E nel vederla, il misterioso cavaliere restò per un momento a fissarla, almeno fino a quando ella, dopo aver ricambiato per un istante quello sguardo, rientrò in casa.
“State all'erta voi!” Esclamò il bottegaio dopo quel rapido gesto del nuovo arrivato.
“Sai che mi hai spaventato, ragazzo?” Disse il cavaliere fissando il piccolo.
“Volevo solo farvi vedere la mia spada...” mostrando la spada di legno al cavaliere “... voi... voi tirate bene di spada?”
Il nuovo arrivato sorrise.
“Secondo me si.” Fece il piccolo.
“Non c'è male.” Asciugandosi il viso il cavaliere. “Ho visto che mi fissava prima, mentre arrivavo.”
“Si...” mormorò il piccolo “... ecco, io...”
“Hai fatto bene...” sorridendo il cavaliere “... è bene guardare ciò che accade intorno a noi. Si evitano molti malanni.”
A quelle parole anche il bambino sorrise.
Ad un tratto si udirono dei cavalli.
Poco dopo apparvero vari cavalieri.
“I vostri compari” fece il padre del bambino “stanno arrivando.”
“Compari?” Ripetè il cavaliere. “Io non...”
“Si, i vostri compagni dell'Aquila.” Annuendo il bottegaio.
“Non so di cosa stiate parlando.” Fissandolo il cavaliere.
“Non dimenticate il vostro mantello che avete lasciato sulla fontana” impugnando un bastone il bottegaio “ora che andrete via.”
“Quando metterete via quel bastone andrò via.” Sentenziò il cavaliere.
“Che differenza fa?”
“Così non sarà un'imposizione.”
Il bottegaio abbassò il bastone e il cavaliere, ripreso il suo cavallo, andò via.
Poco dopo arrivarono quegli altri cavalieri.
“Salute a te Pars...” ridendo uno dei cavalieri “... hai visto forse dei ladri?” Indicando il bastone che aveva con sé, suscitando le risa dei suoi compagni.
“Cosa volete, Jean?” Fissandolo il bottegaio.
“Mio fratello” rispose Jean “voleva sapere come mai voi altri di questa contrada avete fatto protesta al Consiglio circa le nostre giostre?”
“Non sono giostre le vostre!” Esclamò Pars. “Sono veri e propri atti vandalici! Venite qui e terrorizzate le nostre donne, malmenando tutti quelli che vedete per la strada.”
“Forse non sono un granchè gli uomini di questa contrada” replicò Jean “se non sanno difendersi dai nostri.”
“Siete dei briganti!” Accusò Pars.
“Papà, cosa succede?” Uscendo dalla bottega la ragazza che poco prima si era affacciata alla finestra.
“Rientra in casa, Melicha...” mormorò Pars.
Ma proprio in quel momento gli occhi di Jean e dei suoi gaglioffi fissarono la stradina alle spalle di Pars e dei suoi due figli.
“Tu chi sei, straniero?” Chiese Jean al cavaliere che immobile li guardava.
“Un amico di Pars.” Rispose questi.
A quelle parole, Parsi si voltò dietro di lui e vide il cavaliere che aveva cacciato malamente poco prima.
Per un lungo istante gli occhi di quel cavaliere e di Jean si ritrovarono gli uni negli altri.
“Ciò che dovevamo riferirti” tornando Jean a parlare con Pars “è stato detto. Poi regolati tu.” E andarono via.
E vedendoli partire, anche il misterioso cavaliere fece per andarsene.
“Papà...” mormorò Melicha “... tra poco andremo a tavola e forse...”
“Aspettate!” Lo chiamò Pars, dopo aver annuito a sua figlia. “Aspettate... io... ecco... pensavo che anche voi... mi spiace... non volevo scacciarvi poco fa... e poi quel bastone non è un'arma, ma solo un oggetto con cui avvolgo il tendone davanti alla bottega...”
“Non è un'arma?” Fece il cavaliere.
“Assolutamente!” Rispose Pars. “Vi sembro un uomo che va in giro a brandire armi? Mi chiamo Pars...” dandogli la mano “... quella è mia figlia Melicha e quello mio figlio Marcus... venite, mia moglie ha preparato un ottimo pranzo...”
“Io mi chiamo Ardena...” sorridendo il cavaliere, per poi seguire Pars nella sua bottega.
E nel vedere quel cavaliere entrare a casa sua, gli occhi di Marcus si illuminarono....


"Allora, miei signori..." chiese Abecedarius, fermando la sua narrazione "... è di vostro gusto questa storia?"
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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