Quella richiesta di Talia e poi la sua mano che sfiorò Guisgard.
Bastò solo questo per far cambiare idea al cavaliere.
“Qualcuno scrisse” disse alla principessa “che i re e le regine non chiedono mai nulla... e per questo i loro desideri, a differenza dei loro ordini e dei loro capricci, sono la cosa più preziosa e rara...” le sorrise “... eh, amico mio...” rivolgendosi poi ad Abecedarius “... hai sentito? Questo vuol dire che dovrai riprendere la tua storia...”
Il libro allora si aprì e cominciò a far sfogliare le sue pagine, fino a fermarsi di nuovo su quella storia.
E riprese a raccontare...
Ardena e Melicha partirono poco dopo l'alba.
Il Sole nascente screziava la terra rossa delle colline circostanti, generando mutevoli riverberi, simili a trucioli intrecciati, che imperlavano le cime degli alti cipressi e delle nobili torri merlate sui colli, che si stagliavano nel vivo ed inteso rosato diffuso nel cielo.
Raggiunsero così, attraverso un incerto sentiero, una zona appartata, ma baciata come nessun'altra da quel primo Sole.
Vi era solo una cappellina in mezzo a quella campagna deserta.
Una cappellina simile al grande duomo della capitale.
E dentro vi era un'immagine dell'Arcangelo Michele.
“Che posto è questo?” Chiese Ardena.
“Anni fa” raccontò Melicha “qui sorgeva una grande città. Tanto vasta e potente da far tremare la capitale del regno. Allora decisero di distruggerla, per punire così la sua ambizione. La città fu rasata al suolo e su queste terre fu imposto il veto di costruire ancora. Solo la cappella dell'Arcangelo domina questo luogo di silenzio, come monito per l'accaduto.”
Ardena si guardò intorno, come in cerca dell'eco dell'antica città che ancora correva su quelle terre.
“Una leggenda vuole” continuò Melicha “che prima della distruzione della città, i cittadini siano riusciti a raccogliere l'intero loro tesoro e a portarlo fuori dalle mura. Per seppellirlo in questo luogo.” Lo fissò. “Forse per questo motivo qualcuno crede che Sygma interessi tanto a Capomazda... per quel tesoro...”
“I tesori” guardandola lui “possono avere molte forme... quella di un baule carico di preziosi, di un filtro magico, o di un antico libro da sempre perduto... un tesoro può essere tante cose... come un Fiore... un Fiore dal raro profumo e dai preziosi colori... un Fiore i cui petali sono capaci di scandire ogni momento della vita, rendendolo eterno... e un Fiore non è forse simile ad un volto? Un volto che cela nei suoi occhi qualcosa di pregiato, inestimabile... gli antichi dicevano che gli occhi nascondono i battiti del cuore...”
Lei allora arrossì e chinò il capo.
“Ora anche voi cercherete quel tesoro?” Chiese poi al cavaliere.
“Non conoscevo la leggenda di quel tesoro prima di adesso.”
“Neanche Ardeliano...” mormorò lei “... neanche lui lo conosceva... la tradizione vuole che vi giunse qui con la principessa Gyaia... e fu lei a narrare al nobile Arciduca di questo tesoro... lui giurò di volerlo cercare, ma poi dopo un triste Marzo non ritornò più a Sygma...” lo guardò negli occhi “... e voi... voi siete qui per cercarlo?”
“Io?”
“Si...” annuì lei “... conosco quell'accento... molti mercanti Capomazdesi arrivano in queste terre e li sento parlare... e poi la vostra spada... reca la Croce, la Civetta e il Giglio Verdeaureo... i simboli della nobiltà Capomazdese...”
“Perchè tutti qui vedono i Capomazdesi come invasori o razziatori?”
“E per quale motivo allora arrivano qui, se non per prendere qualcosa?”
“Non prendere...” mormorò lui “... ma cercare qualcosa... qualcosa che a noi manca e che sappiamo invece esserci qui...”
La sua voce si fece bassa e calda.
Allora, con un gesto naturale e delicato, si avvicinò a lei con le labbra.
Lei socchiuse appena gli occhi.
“Melicha!” Gridò qualcuno da lontano. “Melicha, presto!”
Era Marcus e correva verso di loro.
Abecedarius si fermò ancora.
Infatti aveva iniziato a suonare la campana della cappella.
“Oh...” sussurrò il libro “... il padrone ha smesso di pregare...”