Gli occhi di Ordifran...
La stanza era invasa da un' inquieta penombra che sembrava rendere incerti i ritratti e gli oggetti, di gusto classico e barocco, disseminati ovunque intorno a loro.
Quel luogo sapeva di antico, con tutti i volumi raccolti, oltre che nella grande libreria a muro, sulla scrivania, sulle mensole alle pareti, sul piccolo tavolino di gelsomino e madreperla, persino sul tappeto persiano sotto i loro piedi.
La poca luce che penetrava in quell'ambiente giungeva da una finestra semichiusa da tende color porpora, che diffondevano un alone rossastro e sbiadito, volto a rendere quasi assopite le forme e le fattezze di quell'uomo.
Almeno così apparivano al giornalista mentre, intento a raccogliere ogni sua parola, lo fissava non senza un accenno di viva ammirazione.
Ma ciò che più lo colpiva erano i suoi occhi.
Gli occhi del Professor Ordifran, infatti, non riflettevano mai lo stesso colore.
O, se lo facevano, il giornalista non era in grado di riconoscerlo.
In certi casi trasmettevano un grigio opaco, che sembrava poi mutare in freddo bianco ghiaccio.
Quando parlava invece del suo argomento preferito, le discipline scientifiche, su tutte la matematica, quegli occhi tendevano ad enigmatiche screziature che si rincorrevano, tra un vivo ebano e uno spento ambrato.
Per mutare ancora, poi, nel momento in cui toccava temi opposti, come la Religione.
Allora, nel discutere sugli antichi testi Indù, o quelli venerabili del Buddismo, dal Corano con i detti del Profeta, a quelli della Torà ebraica, fino ai Testi Sacri e quelli Patristici del Cristianesimo, quegli occhi cambiavano, divenendo diversissimi e dominati da una oscura tinta rossa.
Eppure il tono della sua voce, il suo gesticolare essenziale, quasi impercettibile, non mutavano, né risentivano di nulla.
Come se solo i suoi occhi fossero in grado di tradire e manifestare i suoi più intimi pensieri e i suoi più remoti stati d'animo.
E da quegli occhi, nonostante la sua calma apparente, il fare distaccato, i gesti sempre garbati, il giornalista riconobbe un astio, seppur velato, verso ogni forma di religiosità.
Il Cattolicesimo su tutte.
Ma quegli stessi occhi, così sensibili a percepire e tradire i sensi di quell'uomo enigmatico e carismatico, cessavano di pulsare, di riflettere, quasi di vivere, quando il professore cominciò a parlare del Fiore Azzurro.
“Sapete” disse al giornalista davanti a lui “perchè l'uomo non è mai riuscito a trovarlo?”
“Perchè, professore?” Chiese l'altro.
“Perchè l'uomo ha sempre atteso di sapere quando e dove il Fiore sbocciasse e fiorisse... come se vi fossero epoche privilegiate e tempi prescelti.”
“E non è così, professore?”
“Sicuramente.” Annuì lui. “Ma in ogni epoca è stata concessa la possibilità all'uomo di trovare il Fiore.”
“Dunque?”
“Vi è sempre un dunque, secondo voi?” Sorridendo il professore.
“Dalle vostre parole mi era parso di capire così...”
“Voi non avete capito nulla.” Sentenziò Ordifran. “Voi come tutti gli altri.”
Il giornalista lo fissò incuriosito.
“Tutte le meraviglie” continuò il professore “che le leggende o anche la stessa storia accenna, non sono altro che echi di ciò che l'uomo, con le sue debolezze, può aver percepito. Qualche esempio?”
“Si, vi prego.”
“Il mito greco” fece Ordifran “ci ha tramandato il ricordo di una grande spedizione, avvenuta durante l'Età del Bronzo, dalle coste della Tessaglia fino alla lontana Colchide, sul Mar Nero...”
“Il mito degli Argonauti?” Fissandolo il giornalista.
“Esatto.” Annuendo il professore. “Alla ricerca di un oggetto dai poteri inimmaginabili... il Vello d'Oro...” si accese un sigaro “... e sapete cos'era in realtà?”
“Cosa?”
“Il Fiore Azzurro.”
“Possibile?”
“Certo, amico mio.” Accennando un'aria divertita Ordifran. “E questo vale per tutti gli straordinari oggetti che la storia ha descritto con toni più o meno fantasiosi... lo Scudo di Perseo che si narra sia sepolto sotto Corinto... la leggendaria Excalibur di Re Artù forgiata per unificare la Britannia... l'Araba Fenice che nidifica in luoghi privilegiati... la Pietra Filosofale capace di mutare i metalli vili in oro...anche l'Elisir di Lunga Vita che vince il Tempo e la Natura... persino la fiabesca Lampada di Aladino in grado di realizzare ogni desiderio... tutte queste cose, e molte altre ancora, non sono altro che il Fiore Azzurro sbocciato innumerevoli volte nei meandri della storia... e come vedete, non sempre l'uomo è stato in grado di riconoscerlo...”
“E voi come fate a saperlo?” Domandò il giornalista.
“Semplice, amico mio...” accennando un enigmatico ghigno il professore “... li ho veduti... ho veduto ognuno di questi oggetti nel corso dei secoli...”