Disattivato
Registrazione: 16-09-2012
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Una voce familiare mi fece voltare di scatto.
Riportai gli occhi sul mercante ed osservai l'uomo con cui stava discutendo.
Trattenni il fiato: lo conoscevo.. come poteva essere possibile?
In pochi istanti mi rammentai di lui, sebbene non riuscissi a ricordarne il nome: era stato il nostro maniscalco anni addietro.
Servizievole e gentile, se n'era andato per conto suo.
Lo guardai, era sporco e impoverito, aveva bisogno di un lavoro, diceva, quindi aveva bisogno di soldi.
Rabbrividii.
La mia famiglia aveva resistito molto più delle altre, avevo avuto tutto il tempo di vedere i nostri nemici distruggere uno per uno i casati del regno.
Se il mio non aveva ricevuto un trattamento diverso, e non avevo motivo di pensarlo, allora c'era una taglia sulla mia testa, e anche molto ingente.
Mi calai il cappuccio sul capo con mani tremanti, pregando che l'uomo non mi avesse scorto.
Quale modo migliore per fare fortuna?
Il cuore batteva forte, e respiravo a fatica, colta dal panico.
Poi, iniziai a cavalcare dapprima piano, a causa della moltitudine di gente, poi più velocemente man mano che la strada si liberava, senza sapere dove stessi andando, cercando solo strade libere che mi conducevano inevitabilmente verso i confini della città.
Era stato un errore, continuavo a ripetermi, un terribile errore arrivare fin lì.
Mio padre si sbagliava, Sygma non era abbastanza lontana, nonostante i lunghi giorni di traversata che la separavano da casa mia.
Mi fermai, esausta, in una radura appena fuori le mura della città, c'era una fontana, e una quiete che avrebbe calmato i miei pensieri.
Non era acora calata la sera, dopotutto.
Smontai da cavallo e condussi Ercole ad abbeverarsi, restando ad osservarlo mentre immergeva il muso nella fresca acqua corrente, sereno e fiducioso: avrei voltuto essere tranquilla come lui.
Avevo sbagliato tutto, mi ripetei, non dovevo fermarmi, dovevo andare più lontano.
Appoggiata sul bordo della fontana, vi immersi le mani, per rinfrescarle.
Mi imposi di calmarmi, ormai ero arrivata fin lì, e dovevo almeno tentare.
Decisi di sedermi sul prato, la schiena appoggiata alla fontana, in balia di quella malinconia.
Un pensiero mi attraversò la mente.
E se tutto fosse passato? Se mio padre fosse riuscito a respingerli e debellarli? Se avesse trionfato dove tutti gli altri avevano fallito?
Io non lo avrei mai saputo.
Avevo la sua promessa, certo, che mi avrebbe trovata, ma sarebbe riuscito a mantenerla?
Sospirai, un sospiro doloroso e malinconico.
Mi mancava casa mia, mi mancavano i boschi, l'alto monte, il mare impetuoso e gli immensi giardini che lo univano al palazzo, mio fratello e i nostri battibecchi, mio padre e i suoi sguardi severi.
Chiusi gli occhi per un momento, chiudermi nella malinconia e nel dolore non avrebbe portato a niente, dovevo essere forte e riuscire a farcela, nonostante tutto.
Avevano fiducia in me, non potevo deluderli.
Guardai Ercole, fermo accanto a me, che si guardava intorno, brucando di tanto in tanto un po' d'erba, con poca convinzione.
"Adesso andiamo, eh.." dissi, con un sorriso "…dammi due minuti e mi rimetto di nuovo in piedi, così ci cerchiamo un bel posto dove dormire…" strizzandogli l'occhio. Lo guardai, sembrava quasi che mi avesse compreso.
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