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Vecchio 20-09-2013, 14.28.52   #305
Clio
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
Misi il foglietto in tasca, scuotendo la testa.
"Arrestata? E con quale accusa? Forse nei regni liberali si è soliti imprigionare le persone senza motivo e senza processo? Diamine, se mio padre avesse fatto così non avremmo problemi ora.." Lo guardai negli occhi "..fidati, lui non è qui.. Non quadrano le tempistiche, capisci? Io me ne sono andata alla vigilia di una battaglia.. Non può essere partito insieme a me! E non avrebbe mai cercato riparo a Sygma.. Da come ce l'avevi descritta non sembrava il massimo per noi.. Sarebbe venuto da te...".
Il mio sguardo cercò Simone con lo sguardo.
"E anche se fosse, poco importa.. Conosci l'aforisma di Lisandro? Sai, il leone e la volpe... Diomede è il leone, ma anche un Sartell, preferirebbe morire piuttosto che sapere che sono scesa a patti con quell'uomo.. Quando vivi in un paese in guerra, impari a convivere con la morte..".
Un brivido mi attraversò la schiena.

Scesi l'imponente scalinata con passo deciso, nel piazzale davanti a me, uomini di tutte le età si erano radunati, e alcune guardie cercavano di ordinarli in file serrate, distribuivano le armi che avevamo a chi non ne aveva, la confusione era tanta, e gli animi concitati.
Nel vedermi, tuttavia, tutti si voltarono, e un corridoio venne aperto per permettermi di passare.
Il mio volto era molto conosciuto, e il mio lungo mantello verde scuro bordato d'oro non lasciava spazio a dubbi sulla mia identità.
Percorsi il corridoio a passo deciso, senza dire una parola.
Il cuore cominciò a tremare: tutta quella gente era lì per noi, non era giusto.. non era così che dovevano andare le cose.
Quando raggiunsi la prima fila, un ufficiale mi venne incontro, con occhi sbarrati "Altezza.. ma..".
Lo fermai con un cenno della mano.
"Ci penso io, grazie.." dissi, con un sorriso.
Non osò controbattere.
Oltrepassai anche la prima fila, e mi voltai verso gli uomini che mi guardavano stupiti.
Li guardai uno ad uno, lo sguardo fiero, le vesti logore, le armi in mano.
Che meraviglioso popolo era quello!
"Ascolate.. brava gente di Crysa.." dissi a gran voce "..non dovreste essere qui, oggi.. nessuno di voi.. è nostro preciso dovere difendere voi, le vostre donne e i vostri figli, come voi vi prendete cura di questa splendida terra, rendendola fertile e rigogliosa, come avete sempre fatto.. se oggi siete qui.. è perchè noi abbiamo fallito.. la pace ci ha indebolito, facendoci dimenticare il nostro compito.. e per questo siamo debitori con tutti voi.." presi un lungo respiro "..ma oggi siamo una cosa sola, siamo un'unica famiglia, perchè siamo un unico popolo.. e questa terra ci appartiene.. a tutti noi.." mi voltai un attimo ad osservare le schiere nemiche che si avvicinavano sempre di più "...loro sono cresciuti nella pietra e nel marmo, non sanno niente di questa terra, non ne conoscono il profumo, la bellezza, la ricchezza.. non morirebbero per lei... vorrebbero edificare nuove città, sradicare gli alberi, prosciugare i fiumi, nel nome del progresso.. non glielo permetteremo.. insieme.. perchè è insieme che abbiamo sempre lottato, contro ogni invasore... questi sono anche peggio, poichè sono nati sulla nostra bella isola.. e hanno deciso di tradirla... ma noi consacreremo la nostra fedeltà a Crysa, benedendola col nostro sangue..".
Un boato si alzò da quella massa di uomini.
"Per Crysa.." gridò qualcuno.
"Per Crysa.." risposero tutti, in un unico boato.
"Per Crysa.." sussurrai io.
Erano sempre più vicini, potevamo sentire i rulli dei tamburi e le urla di scherno.
"Arrivano.. ai vostri posti.." si udì urlare dal lato settentrionale del palazzo.
In quei lunghi istanti, ebbi davvero paura: vedevo la morte avvicinarsi piano piano, con armi moderne e terribili.
La mano che stringeva la spada, si sentiva piccola davanti ai cannoni, e ancor più impotenti dovevano sentirsi gli uomini armati di picche e forconi.
Tuttavia, non vidi cedimento nei loro occhi, e quella fierezza mi diede la forza di restare impassibile, nonostante il terrore.
Il cancello cadde quasi subito, in pochi istanti ci trovammo nello scontro.
La Tradizione contro il progresso, le spade contro i fucili, il sangue contro l'oro, il vecchio mondo contro il nuovo. Era una battaglia che sarebbe entrata nella storia.
Questo fu l'ultimo pensiero lucido della mia mente.
Poi, tutto divenne appannato.
Non udii nemmeno la mia voce gridare il segnale di carica, con la spada sguainata.
Mi lanciai, con tutti gli altri, verso le schiere nemiche.
Il cuore batteva talmente forte che potevo sentirlo rimbombare nella mia mente.
Sentivo i rombi dei cannoni, gli spari, le urla strazianti.
Il mio corpo si muoveva da solo, con un'agilità e una forza che non credevo di possedere.
Un fendente, un colpo al torace, un colpo dritto, un altro fendente, schivai un colpo, buttai a terra un uomo e poi un altro, schivai un fendente, ne sferrai un altro, in una sequenza che sembrava infinita.
Era questo il "furore divino" che dicevano spingesse i gladiatori nell'arena? Era questa forza sovraumana, questa agilità, questo essere infaticabili?
Sentii un dolore lancinante alla spalla, lanciai un grido, ma continuai a combattere, mi piegai sulle gambe, mi voltai per parare un colpo e sferrarne un altro.
Il mio corpo sapeva esattamente cosa fare.
Un nuovo dolore mi trafisse, forte, intenso, stavolta alla coscia, ma non ci badai.
Un colpo, un fendente, caddi a terra, mi rialzai, un calcio, un fendente, un colpo.
E poi, accadde qualcosa, qualcosa che mi risvegliò da quel torpore.
"Il re.. il re.." un grido si levò tra soldati e contadini.
Alzai lo sguardo, e lo vidi.
Alla testa di un reparto di cavalleria, col mantello verde bordato d'oro che rifletteva la luce del sole, Perseo III de' Sartell, mio padre, giungeva infine ad aiutare il suo popolo.


Una parte di me era rimasto su quel campo.
Ricordavo poco altro di quel giorno, il segnale di ritirata provenire dalle linee nemiche, il mio sguardo finalmente cosciente, mio fratello che correva e mi prendeva tra le braccia, il mio stomaco che si ribellava a quell'orrore.
Poi, più nulla, avevo perso troppo sangue.
Mi abbandonai tra le braccia di mio fratello, credendo fosse la fine.
Mi svegliai due settimane dopo, nel frattempo Castel Fiorito era stato preso.
Presi un profondo respiro per allontanare i ricordi.
"Io vado da lui.." Dissi decisa a Roberto.
Mi feci strada tra la folla e raggiunsi Simone.
Lo salutai educatamente.
"Portategli i miei saluti, dunque.." Dissi in tono soave, come parlassi del più e del meno.
Mi avvicinai, come se dovessi sussurrargli un segreto, con un sorriso innocente sulle labbra "..ditegli che la bella morte viene donata soltanto a chi dona tutto se stesso sul campo di battaglia.. Se lui è qui, significa che ha disertato.. Dunque non è degno del sangue che porta.." Sorrisi, porgendogli la mano da baciare "..mi fate questo favore, signor viceprocuratore? Ora, se permettete.. Devo farmi perdonare da mio cugino e sua moglie che, non sapendo chi sono.. Mi hanno preso per una ragazzina maleducata..".
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