A quelle parole di Clio, Roberto finalmente abbandonò quell'espressione corrucciata e si lasciò andare ad un sorriso.
“Tu ci scherzi su” disse “ma quasi quasi vorrei davvero che quel tipo fosse Mirabole... li hai sentiti Missani e de' Gufoni, no?” Ebbe un gesto di insofferenza. “E poi è tutto da dimostrare che il capitano tiri di spada meglio di me.” Scosse il capo. “Sai cosa vorrei fare? Vorrei galoppare, senza sosta... non so diretti fino a dove e forse neanche ha importanza... un po' come facevamo in quei lunghi pomeriggi a Crysa, rammenti? Galoppare al sibilo del vento, accompagnati dal fruscio delle onde sulla spiaggia, fino a perderci nelle sue lussureggianti boscaglie, dove finiva il crepuscolo e cominciava la sera... sai, Clio... forse vorrei solo fuggire... fuggire da tutto...” restò poi per qualche attimo in silenzio “... ti va di tornare a casa ed esercitarci un po' con la spada? Non certo perchè temo quel de' Binardi... ma perchè ho bisogno di fare qualcosa senza pensare a nient'altro...”
Tornarono così al palazzo dei Fiosari e usciti in giardino cominciarono ad esercitarsi.
Ebbero un'ora buona di libertà, fino a quando, verso l'ora di cena, Selenia rientrò a casa e richiese per sé suo marito, parlandogli dei preparativi e degli invitati per l'imminente ballo al Palazzo Reale.
I tre si rividero per la cena, poi Roberto e sua moglie, salutata Clio, si ritirarono per la notte.
All'alba Roberto aveva il duello e questo gli impose di andare a letto presto.
Clio, forse in balia di una velata malinconia, rimase così da sola.
Fino a quando, all'improvviso, cominciò a notare qualcosa di strano.
Un'ombra, incerta e furtiva, sembrava muoversi indisturbata nel giardino del palazzo.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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