Clio e Roberto, così, uscirono in giardino e fu loro servito un tè con pasticcini vari.
“Lo so che non è facile essere se stessi” disse Fiosari alla ragazza “quando il proprio fratello è rinchiuso in una prigione, col rischio di essere giustiziato ingiustamente...” la fissò teneramente “... ma non temere... riusciremo a farlo uscire... troveremo Mirabole e consegneremo il suo vero nome al viceprocuratore...” prese la sua mano e la strinse “... e io non voglio saperti triste...” le sorrise.
Poco dopo lasciarono il palazzo in sella a due magnifici cavalli del Gargano.
Galopparono fin verso le colline, fino a raggiungere un luogo isolato.
Qui l'unica costruzione a sorgere era una piccola cappellina visibile in lontananza, che riproduceva in tutto le fattezze di una delle chiese più importanti di Sygma.
“Non ero mai stato quassù...” mormorò Roberto.
E i due ragazzi si accorsero di qualcuno accanto alla cappellina.
Era una ragazza e recitava una sorta di filastrocca:
“Chissà che faccia avrà...
Chi lo sa chi egli mai sarà...
So solo che Mirabole è il suo nome...
Egli verrà stanotte, anche se non so come...
Forse cercherà tesori, forse gioielli, ma verrà...
E io che nulla ho, il mio cuore ogni suo battito gli darà...”