Guisgard fissò Talia negli occhi e le sorrise appena.
Un sorriso leggero e silenzioso.
Eppure luminoso.
Come le stelle che sovrastavano il giardino.
“In una notte come questa” disse sussurrando “potrei dire tante cose... tante parole... tutte belle, bellissime... e vere... ma non ti chiedo di credere alle mie parole... ma solo ai miei gesti...” le accarezzò dolcemente il viso “... e quelli dissolveranno ogni tua paura...” e la baciò piano.
Poi la strinse a sé.
La notte cominciava a divenire fredda.
Lui allora la coprì con quel vestito che le aveva sfilato prima in preda alla passione.
Le sue mani sfioravano quelle di lei e poi il suo bellissimo corpo.
Infinite carezze Talia sentì ovunque.
Carezze lente, lunghe, profonde.
Carezze dolci, eppure appassionate.
Guisgard accarezzò più volte quel corpo.
E così, tra i caldi sospiri di lei, lui la rivestì.
E poi la baciò ancora.
La baciò a lungo.
Infiniti baci.
Come infinite apparivano le stelle di quella notte.
Poi la strinse a sé e restarono così per un tempo indefinito.
La testa di Talia era sul petto di lui.
Poteva sentire i battiti del suo cuore e i sussulti del suo respiro.
Fino a quando ebbero entrambi il medesimo respiro e gli stessi battiti.
E così, dolcemente, tra il silenzio del giardino e lo scintillio incantato ed immutabile delle stelle di Sygma, Talia pian piano si addormentò fra le braccia rassicuranti di Guisgard.
Lui allora restò a guardarla per un po', come a voler fissare nella sua mente ogni tratto di quel viso.
Poi la prese di nuovo in braccio e la portò fuori da quei cespugli.
Poco dopo Talia si risvegliò, ritrovandosi da sola in una piccola saletta del Palazzo Reale riservata alle dame.
Era adagiata su un morbido e sfarzoso divanetto di mussola d'India, intarsiato d'avorio.
E in mano stringeva un fiore.
Un lillà.