Disattivato
Registrazione: 16-09-2012
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Sorrisi al Capitano, e annuii alle sue parole.
Il freddo cominciava ad entrarmi nelle ossa, ma cercai di non pensarci, di ricordare.
Seduta accanto a Roberto, in carrozza, ascoltai il suo racconto.
E così mi ha seguita, eh...
Trattenni un sorriso, e un brivido mi attraversò mentre pensavo che non poteva avermi seguito per colpa di Mirabole.
O forse era soltanto il freddo.
Mi lasciai guidare, docile, verso la mia stanza, la sua voce era così rassicurante, mi sentivo al sicuro.
"Buonanotte, caro.." dissi, sulla porta "..grazie di tutto..".
Allungai, titubante, una mano verso il suo viso, sfiorandogli la guancia in una carezza delicata.
Perché doveva fare così male?
Perché mi sentivo in colpa per quel lieve, innocente contatto?
No, non era per quello, e lo sapeva anche lui.
Sorrisi, sperando che non riuscisse a leggermi nei pensieri.
Mi ritirai, nell'intimità della mia stanza.
Notai con piacere che mi era stato preparato un bagno.
Nessun domestico, però.
Roberto sapeva bene quanto adorassi stare sola con i miei pensieri, senza nessuno intorno.
Non riuscivo a pensare che non ci fossero, come mi diceva sempre mia madre da piccola.
No, volevo essere sola nella mia stanza, l'etichetta poteva restare fuori.
Il tocco dell'acqua calda fu rinvigorente.
Era calda, profumata, e dovetti lottare con la stanchezza per non addormentarmi.
Poco dopo, però. sprofondai nel letto morbido, in un profondo sonno ristoratore.
Dormii un sonno profondo, senza sogni, se non immagini confuse e prive di senso.
Mirabole, il Fiore, l'elisir, Diomede, gli spari, il Bacio, Crysa, il Verziere.
Brevi frammenti di ricordi, sogni, leggnde, senza un apparente filo logico.
Contro ogni aspettativa, mi svegliai di buon mattino.
La stanchezza della sera appena passata era svanita, e il sole autunnale faceva capolino tra le preziose tende della mia stanza.
Mi alzai, fin troppo di buon umore.
Dovevo andare da Missani e dal Capitano, raccontare di Mirabole.
Il volto di Diomede mi attraversò la mentre, mentre spazzolavo i miei capelli che cominciavano a ricrescere.
Ti tirerò fuori di lì, fratello.. Fidati di me..
Indossai l'abito viola, quasi un porpora, che dava colorito alle mie guance rosee.
Indossai la mia orchidea, fermi i capelli con un fermaglio intarsiato, e mi guadai allo specchio.
Sospirai, non c'era solo la faccenda di Mirabole da sistemare... Roberto, dovevamo parlare.
Dovevamo essere sinceri e franchi come non lo eravamo mai stati.
Sì, dovevamo.. ma mi chiesi se sarebbe mai successo davvero.
Infondo, persino quel gioco di sguardi era più semplice, doloroso e seducente, ma più semplice.
Presi un profondo respiro, non potevo indugiare oltre.
Scesi nel salone, chiedendo ai domestici di poter fare colazione in giardino.
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