Così, Roberto riportò Clio a casa.
La via del ritorno fu tutt'altro che semplice.
Ovunque c'era fracasso, disordine.
La gente urlava, rideva.
In ogni dove si intravedevano uno o due soldati, con le loro giubbe blu, in mezzo al marasma di popolani che si accalcavano quasi l'uno sull'altro.
Molti corsero verso il Palazzo Reale, ben custodito dalle guardie reali, altri in direzione di Santa Felicita.
La chiesa tuttavia era stata chiusa per ordine delle autorità.
A nulla erano valse le proteste di Padre Roberio.
Alla fine Clio e Roberto riuscirono ad arrivare alla dimora dei Fiosari.
“Sembra che la città sia impazzita...” disse Roberto “... assurdo... per il popolo ogni scusa è buona per gridare alla rivolta ed alla rivoluzione...”
In quel momento giunse Selenia.
“Meglio non uscire di casa oggi...” fece Roberto.
“Io sono appena tornata.” Mormorò lei. “Volevo vedere il quadro mentre veniva portato al Palazzo Reale... ma poi...”
“Già, poi quel Mirabole è riuscito a farcela!” Esclamò Roberto. “A farla in barba a tutti!”
“No, caro...” scuotendo il capo Selenia “... si dice che non sia stato Mirabole a rubarlo...”
“Come sarebbe a dire?” Fissandola Roberto.
“Si, pare che quel ladro sia stato ferito dal capitano de' Gufoni...” rispose la donna “... non può essere stato lui...”
“E chi altri?”
“Le autorità dicono che qualcuno abbia approfittato della confusione e dell'attenzione posta verso Mirabole per rubare il quadro...”