Elisabeth rimase lì, in silenzio.
Respirava appena per non farsi scoprire.
Il suo respiro divenne davvero quasi impercettibile.
Forse per prudenza, o forse solo per paura.
Restò così per un tempo che parve infinito.
Poi sentì arrivare dei cavalli.
Poco dopo udì delle voci.
“Padrone...” disse una voce dall'inconfondibile accento arabo “... tutto bene?”
“Si...” rispose un'altra voce, mentre saltava giù dal carro “... la mia carrozza?”
“Eccola, padrone.”
E infatti Elisabeth sentì l'avvicinarsi di una vettura.
“Finalmente...” mormorò la seconda voce “... non ne posso più di questo trucco...”
“Cosa ne facciamo del carro, padrone?” Chiese la voce araba.
“Lo lasceremo qui... dobbiamo pur lasciare un ricordo al caro capitano ed ai suoi scagnozzi...” rise “... anzi, come trofeo da portare al suo re, visto che il quadro è ormai perduto, gli farò dono anche della parrucca da vecchia...” e la lanciò dove si sedeva il conducente del carro “... andiamo via... di sicuro avranno scoperto il nostro inganno... tra breve giungeranno...”
E sia la carrozza che i cavalli andarono via.
Dopo un po' Elisabeth, sempre nel carro, udì l'arrivo di altri cavalli.
“Ecco il carro!” Gridò qualcuno.
Lo circondarono e cominciarono a perquisirlo.
Erano soldati.
E uno di loro, entrando nel carro, scoprì Elisabeth che se ne stava rintanata.
“Sergente! Qui c'è qualcuno! E' una donna!” E prendendola di peso la portò fuori, gettandola ai piedi del suo superiore.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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