Capitolo XII: Ladri a Sygma
“<<Avete torto a dire così, signore,>> disse l'abate <<perchè fra qualche istante sarò per voi una prova di quanto asserisco>>.”
(Alexandre Dumas, Il Conte di Montescristo)
Padre Roberio se ne stava nella sacristia, camminando nervosamente avanti e indietro.
Il quadro era stato portato via e la chiusa chiusa.
Si sentiva impotente e la rabbia cresceva forte in lui per tutta quella assurda situazione.
Ad un tratto però qualcosa attirò la sua attenzione.
Un rumore sordo proveniente dalla navata.
“Chi...” disse accostandosi alla porta che dava sul presbiterio “... chi c'è là?”
Un momento di silenzio e poi un ombra si mosse.
“Chi c'è?” Chiamò il sacerdote.
“Rammento” all'improvviso una voce “quando alla fine di ogni messa, prima di concederci la Benedizione, elencavate gli annunci della settimana...” rise appena, per poi uscire dall'incerta penombra “... è rimasto tutto come allora qui...” mostrandosi al prete.
“Chi siete?” Domandò Padre Roberio.
“Alla destra dell'altare” disse l'uomo emerso dalla penombra “il Crocifisso davanti al quale mi inginocchiavo a pregare dopo l'Eucaristia... e a sinistra la Vergine Maria...” fissando il prete con i suoi occhi azzurri “... quando Ulisse tornò a casa, solo la sua vecchia servitrice lo riconobbe... a causa di una ferita... anche io ne ho molte... dentro... ed una fuori...” sfiorandosi il volto segnato da una cicatrice “... neanche voi riconoscete Ulisse ritornato? O forse dovrei dire il figliol prodigo...”
“Quegli occhi...” mormorò il prete “... e quella voce... chi siete?”
L'uomo non rispose nulla e posò sul tavolo della sacristia un sacchetto, dal quale fuoriuscirono pietre preziose di enorme valore.
“Ciascuna di queste vale un quarto di milione, Padre...” fece lui “... per ricompensarvi delle offerte non raccolte a causa della chiusura della chiesa...” sorrise al chierico.
“Non comprendo...”
“Padre... davvero non mi riconoscete?”
Il sacerdote lo fissò a lungo.
“Durante la festa del vino” aggiunse l'altro “mi nascondevo sotto le tavole per prendere di nascosto un po' d'uva... e voi che mi sgridavate ogni volta...”
“Bontà Divina...” sgranando gli occhi il prete “... tu... tu... sei tu, Guisgard?”
“Padre Roberio...”
I due si strinsero in un tenero abbraccio.
“Ma tutti ti credevano morto...” tornando a fissarlo il prete “... cosa ti è successo?” Gli toccò la cicatrice. “E questa?” Guardò poi le pietre preziose sul tavolo. “E quelle da dove provengono?”
“Padre, vorrei spiegarvi tante cose, ma ora non ho molto tempo...” mormorò Guisgard “... vi basti solo sapere che il quadro è al sicuro...”
“Il quadro?” Ripetè il sacerdote.
“Si...” annuì sorridendo Guisgard.
“Sei tu...” incredulo il prete “... Mirabole!”
“Si.” Sorridendo ancora Guisgard.
“Allora riprenditi le tue pietre preziose!” Esclamò il prete. “Sono frutto di furti e rapine!”
“No, padre...” scuotendo il capo lui “... sono un pegno della Fortuna che mi abbandonò anni fa... sono il mezzo con cui mi vendicherò dei miei nemici... ho pagato ciascuna di queste pietre con dolore e solitudine... e ora saranno della chiesa queste pietre.”
“Ti stanno cercando.” Lo avvertì il prete. “Cercano un uomo con una cicatrice sul volto.”
“Lo so.”
“Cosa farai allora?”
“Non temete.” Cercò di tranquillizzarlo lui. “Saprò cavarmela.”
“Nessun altro ti ha riconosciuto?”
“Forse...” sussurrò Guisgard “... ma ora devo andare, padre...” si inginocchiò “... beneditemi, vi prego... come quando venivo qui a sentire la messa...”
“Possa Colui che vegliò sulla fuga di Davide” segnandolo Padre Roberio “posare la Sua protettrice su di te, figlio mio... ti benedico nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo... Amen.”
Guisgard si alzò e lo abbracciò ancora.
Lo fissò ancora una volta e poi svanì in quella stessa penombra da dove era emerso.
Intanto, a Palazzo Lorena, Altea era tornata nella sua stanza.
Poco dopo giunse Ermiano con un tè caldo per lei.
L'uomo però appariva inquieto, nervoso.
Di tanto in tanto guardava verso la finestra e poi l'ora sull'orologio a pendolo.
Qualcosa lo preoccupava.
Ed ogni istante sembrava affliggerlo di più.
“Ecco il vostro tè, milady...” disse porgendo alla dama una tazza di porcellana “... zollette? O preferito del latte? Vi ho portato anche dei pasticcini al burro...”