Quadro II: Afravalone
“L'uomo ricco d'astuzie raccontami, o Musa, che a lungo
errò dopo ch'ebbe distrutto la sacra rocca di Troia,
di molti uomini le città vide e conobbe la mente,
molti dolori patì in cuor sul mare,
lottando per la sua vita e pel ritorno dei suoi.”
(Omero, Odissea)
Le immagini scorrevano sulla tv, susseguendosi e accavallandosi confusamente.
L'uomo steso sul letto continuava a cambiare canale con fare meccanico, quasi senza badare a cosa appariva sullo schermo e continuando a sorseggiare dalla sua lattina di Cola.
Alla fine lasciò cadere in terra il telecomando, limitandosi a fissare stancamente le fasi della partita trasmessa in tv.
“Ti piace” entrando nella stanza una ragazza “come mi sta questa vestaglia?” Mostrandosi a lui con un indumento tanto sottile e trasparente in più parti da sembrare leggero come l'aria. “Potrei promuoverlo alla prossima premiazione cinematografica, con frasi ad effetto del tipo... non so... di notte indosso solo questo e due gocce di profumo...” rise “... ti piace? Magari potrei darti un aiutino per capire dove metto quelle due gocce di profumo...” facendo l'occhiolino.
“Premiazione cinematografica?” Fissandola lui. “Di film porno, intendi?”
“Cafone.” Sbuffò lei.
“Ah, già dimenticavo...” fece lui “... i tuoi film tecnicamente sono un pò diversi da quelli per soli adulti...” sorseggiando ancora dalla sua lattina.
“Forse dimentichi che se non fosse stato per il mio denaro” con astio lei “tu non saresti uscito dai casini in cui eri finito, mio caro campionissimo.”
Lui rispose con un'occhiata di disprezzo.
Lei allora scosse il capo e poi si avvicinò al letto, lasciandosi cadere fra le sue braccia.
“Ma tu non vuoi solo il mio denaro, vero?” Sussurrò al suo orecchio lei. “No, tu vuoi anche il mio corpo...” cominciò a baciarlo piano sul viso “... è tanto che non mi prendi come sai fare tu... sai...” sorridendo “... questa vestaglia costa un bel po' di migliaia di Taddei, ma se tu ora me la strappassi di dosso... beh...” succhiandogli lentamente le labbra “... io lo troverei terribilmente eccitante...” e si scoprì il seno, per poi strofinarlo sul petto di lui.
“Sai bene” mormorò lui impassibile “che piace a me fare la prima mossa.”
“Allora prendimi, mio bel predatore...” accarezzandogli il petto lei.
Lui sorrise e poi la fece girare sul letto, finendo per restare sopra di lei.
“Così ti voglio...” eccitata lei.
“Decido io quando mi va...” sussurrò lui, per poi sorridere ancora “... e oggi no...”
Si alzò e terminò di bere la sua Cola.
“Ma chi credi di essere!” Esclamò lei inviperita, rivestendosi. “Sai quanti ne trovo come te? Mi basta andare in uno dei tanti circuiti di Formula Uno e schioccare le dita per vedere decine di piloti cadere ai miei piedi! Adele Insert è la diva più apprezzata e desiderata, mio caro pallone gonfiato!”
“Si, immagino...” mettendosi al polso l'orologio lui “... ma risparmiami i nomi di quei piloti, ti prego...”
“Pagliaccio!” Gridò lei. “Io ti ho tolto dai casini, quando ti accusarono di aver vinto il titolo iridato solo dopo aver buttato fuori pista il tuo rivale!”
“Tuo padre, mia cara...” fissandola lui “... lui ha fatto qualche telefonata e la federazione ha chiuso l'indagine...”
“Lo dirò allora a lui!” Urlò lei. “Ti farò rovinare! Me la pagherai! Tu sei mio!”
“Ascoltami, angelo...” a muso duro lui “... io non sono di nessuno, chiaro? Non appartengo a nessun altro che non sia me stesso... e bada di rammentarlo... tu e tuo padre...” i suoi occhi azzurri erano in quelli verdi di lei “... sai perchè amo la velocità? Perchè percorro sei miglia in un minuto ed un quarto, senza quasi mai toccare il freno? Senza voltarmi mai indietro e guardando invece sempre avanti? Ripetendo mille volte in un'ora quel minuto ed un quarto, con l'ossessione di assottigliarlo sempre di più? Perchè non voglio avere nessuno addosso! Amo la velocità perchè è l'unica cosa che mi fa sentire libero!” Restò a fissarla ancora e poi, preso il suo giubbotto, uscì sbattendo la porta.
Un attimo dopo sfrecciò via con la lamborghini di lei.
“Maledetto...” prendendo il telefono Adele “... ora me la pagherai davvero... vedrai che fine fanno quelli che tentano di calpestarmi... pronto? Sei tu, Chen? Si, sono io...” fingendo di piangere “... nulla, lascia perdere... ti prego, non farmi domande... si, è stato lui... continua a maltrattarmi... mi tratta come una pezza da piedi... prima fa sesso e poi mi butta via... l'ha fatto anche stasera... no, non voglio che mio padre lo sappia... no, non voglio metterci in mezzo la stampa... ti prego, Chen... non so neanche perchè ti ho chiamato... forse perchè sono stanca... che vuol dire hai una soluzione? Oh, ti prego, non voglio sapere da chi gli farai avere una lezione... niente violenza? E come intendi punirlo? Certo che mi fido di te... va bene, starò tranquilla... magari mi stenderò un po'... no, non so dove sia... ha preso la mia auto ed è andato via... va bene, lascerò fare a te... Chen... grazie...” mise giù il telefono e si versò da bere.
“Stavolta avrai ciò che meriti, canaglia...” mormorò sorseggiando dal suo bicchiere “... si, ciò che meriti...” ripensando alla scena di poco prima, quando lui aveva osato parlarle in quel modo.