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Vecchio 09-01-2014, 12.42.00   #342
Clio
Disattivato
 
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
Restai a guardare e ad ascoltare i miei soldati commossa da tanta lealtà.
Quando tornò il silenzio, lasciai scorrere lo sguardo sui loro volti.
"Grazie.. È inutile dire quanto io sia fiera di voi... Non esistono uomini migliori.." Sorrisi, e congedai tutti, perché tornassero nei loro alloggi o raggiungessero i posti di guardia.
Mi avviai anch'io verso il mio alloggio in caserma, lieta che quella giornata fosse finalmente finita.
Una volta sola, la porta chiusa, sospirai, ripensando a tutto quello che era successo.
Sciolsi la treccia che tratteneva i miei capelli, lasciai l'uniforme per una veste da camera, e iniziai a spazzolarmi, cercando di allontanare ad ogni colpo le preoccupazioni di quel giorno.
L'attentato, i mercenari, il viaggio del re.. Ci mancava solo quell'impertinente di un medico, come ciliegina sulla torta.
Pensava davvero di impressionarmi? Lui, un giovane ufficiale medico che non si è nemmeno meritato il posto? No, ci voleva ben altro..
Incontrai per un momento il mio sguardo riflesso nello specchio e sorrisi.
L'unico momento della giornata in cui mi sentivo davvero donna, l'unico in cui permettessi alla mia mente di vagare, fantasticare, ricordare.
Sospirai, alzandomi dalla sedia.
Potevo raccontarmi che nessun uomo era mai stato in grado di turbarmi, ma avrei mentito a me stessa.
Lanciai uno sguardo alla spada, così preziosa, troppo preziosa per me, che me lo ricordava costantemente, chiedendomi se il suo viaggio diplomatico l'avrebbe tenuto lontano ancora per molto. Era via da mesi, ormai.
Scossi la testa mente mi infilavo sotto le coperte: anche se fosse tornato non avrei certo avuto occasione di vederlo... e probabilmente, era meglio così.
Non era che un sogno, infondo: tanto bello quanto irrealizzabile.

Una voce, qualcuno mi stava chiamando. Di chi era quella voce?
Sentii una mano delicata e liscia accarezzarmi il volto, era una mano curata, non quella di un soldato, una volta, un’altra volta, eppure non la spostai, non avevo la forza di farlo, il mio corpo non rispondeva, e poi non volevo che smettesse, era così dolce e così piacevole. Stavo sognando?
Sentii l’altra mano, posarsi delicatamente sulla mia spalla, e scuotermi dolcemente.
E poi lo sentii.
“Capitano, capitano..” chiamava, quasi con timore “capitano, vi prego, vi prego, aprite gli occhi, vi prego..”.
Ci provai, e la mia oscurità fu squarciata da un raggio di sole che filtrava tra gli alberi.
“Oh, grazie al Cielo.. siete viva..” esclamò.
MI voltai verso quella voce, e due occhi di smeraldo si materializzarono di fronte ai miei, così vicini, così belli.
Sbattei le palpebre un paio di volte, quei pensieri non erano da me.
In un attimo, ricordai ogni cosa: la carrozza, il viaggio, l’attacco improvviso, la lotta.
Provai ad alzarmi, ma una fitta al fianco mi fermò immediatamente, voltai lo sguardo e vidi che vi era conficcata una freccia.
Con una smorfia di dolore, tornai a sdraiarmi.
“Non dovreste essere qui, mio signore..” dissi al giovane uomo chinato su di me “…siamo qui per difendervi, non complicateci le cose..”.
Il suo sorriso mi abbagliò.
Andiamo, Clio, smettila con queste sciocchezze, pensai, senza riuscire a togliere gli occhi da quel bellissimo viso così chiaro, incorniciato da lunghi capelli corvini, che gli ricadevano lisci come seta sulle spalle.
Ero come paralizzata.
“L’avete fatto eccome, capitano.. i nemici sono sconfitti… avete perso i sensi ” si fermò, per un momento, abbassando lo sguardo, per poi rialzarlo su di me.
Era difficile decifrare quello sguardo, nessuno mi aveva mai guardato in quel modo, sembrava un misto di ammirazione, quasi timore reverenziale, e qualcosa che non riuscii a decifrare.
“Mio padre aveva ragione, ad insistere perché voi in persona mi accompagnaste… siete stata, veramente…. Insomma, avete sbaragliato quegli uomini così velocemente.. Se non fosse stato per voi..” disse con voce tremante “…vi devo la vita, capitano…”.
Sorrisi, senza staccare gli occhi dai suoi.
“E’ un onore per me, servirvi, mio signore..” dissi, sorridendo.
“Karel..” Disse piano “chiamatemi per nome, capitano.. Vorrei poter fare lo stesso..”.
Spalancai gli occhi “Mi fate un grande onore, mio signore, ma non sarei mai capace di osare tanto.. Voi potete chiamarmi come preferite, non vi occorre certo il mio permesso..”.
Provai nuovamente ad alzarmi, ma non ci riuscii.
“Permettete?” disse lui, scrutando il mio sguardo, incerto, per poi sorridere “Credo di essere abbastanza forte da portarvi…”.
“Non preoccupatevi per me, milord.. ci penseranno i miei uomini..” dissi, stupendomi di quella premura.
Mi voltai per vedere dove fossero i miei uomini, ma vidi che si tenevano a distanza, probabilmente intimoriti dalla sua presenza.
Sarebbero accorsi se li avessi chiamati.
Nel voltarmi nuovamente verso il giovane accanto a me, una ciocca di capelli si avvicinò ai miei occhi.
Prima che potessi farlo io, lui allungò la mano e la spostò, gentilmente, per poi ritrarsi immediatamente, come temendo una mia reazione.
Ma io mi limitai a sorridere, stupendomene io stessa.
“Insisto capitano…" esitò "Clio.. sono in debito con voi..” sorrise “..sarò sempre in debito con voi..”.
Non riuscivo a parlare, incapace di comprendere il mio comportamento.
Annuii impercettibilmente.
Così, lui mi prese tra le braccia, delicatamente, quasi avesse paura di sfiorarmi, paura che andassi in mille pezzi, o qualcosa del genere.
Un brivido mi attraversò.
Nessuno mi aveva mai trattato in quel modo, e mi resi conto di sorridere nuovamente.
Quando mi sollevò da terra, lanciai un grido soffocato, quella freccia andava tolta al più presto.
Non mi ero mai accorta che fosse così forte, sembrava delicato e gentile, così diverso dagli uomini che mi circondavano.
“Permettete, capitano..” disse lui, guardandomi negli occhi “..il palazzo ormai non è lontano… il mio medico vi curerà… è il minimo che possa fare..”.
“Siete troppo gentile mio signore…” mormorai, trattenendo a stento il dolore.
Mi resi conto di essere sporca di sangue, terra, e sudore, mentre lui era vestito di seta e raso e profumava di fiori e spezie che richiamavano paesi lontani.
“Vi sporcherò l’abito..” dissi distrattamente, inseguendo i miei pensieri. Per poi arrossire immediatamente, accorgendomi di aver parlato ad alta voce.
Lui scoppiò a ridere, e in un attimo, al di là degli abiti preziosi, delle gemme, del nome che portava, intravidi un ragazzo giovane e spensierato.
“Sono quasi sicuro che questo non sia l’unico che possiedo…” sorrise, facendomi l’occhiolino.
E quel sorriso fu l’ultima cosa che vidi, prima di sprofondare nuovamente nel buio.


Mi svegliai di buonumore, rintemprata da quel dolce ricordo.
Il senatore mi aspettava per colazione, dovevo prepararmi in fretta.
Indossai l'uniforme, la corazza fatta su misura, e il lungo mantello.
Nel cingere la spada al fianco, sfiorai dolcemente l'elsa, tempestata da minuscoli zaffiri. Così preziosa, eppure così raffinata.
Un dono che solo un uomo come lui avrebbe potuto farmi.
Scesi di sotto col sorriso sulle labbra, dove mi fu riferito dell'arrivo del messo.
Così, lo seguii fino alla dimora del senatore.
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