Il grido disumano di Mein, schiacciato sotto quell'enorme piede, gelò il sangue di Guisgard e dei suoi compagni.
E la scena che si mostrò loro fu raccapricciante.
Un essere gigantesco, dall'aspetto mostruoso, si presentò loro.
Tutto in quello appariva bestiale e grottesco.
Non solo le misure, spropositate ed innaturali, ma anche gli occhi, rossi come carboni ardenti, la pelle, squamosa ed unta, i denti, che sembravano affilati come tenaglie.
Indossava una giubba fatta di pelli e calzoni che gli arrivavano alle ginocchia.
Ed emanava un fetido che toglieva il respiro.
Nel vederlo, dopo un primo momento di paura ed incredulità, alcuni di quei cavalieri estrassero le spade.
“Aspettate...” disse loro Guisgard “... mettetele via...”
“Vuoi che non ci difendiamo da quel gigante forse?” Fissandolo Hands.
“Non servirebbero a nulla...” replicò Guisgard “... gli farebbero il solletico, se anche si riuscisse ad usarle contro di lui...”
Il gigante, intanto, sollevò il piede e raccolse quanto restava del corpo del povero Mein, per poi mangiarlo con voracità.
E a quella scena alcuni dei cavalieri vomitarono per il disgusto.
“Chi siete?” Masticando il gigante.
“Siamo...” fece Guisgard restando in mezzo ai suoi compagni “... siamo cavalieri... diretti nelle terre di Sygma...”
“Sygma?” Ripetè il gigante, ingoiando il suo innaturale pasto umano. “Mai sentita. O forse si... e cosa ci fate nel mio castello?”
“I nostri cavalli erano stanchi” rispose Guisgard “e in verità anche noi... poi vedendo questo sontuoso maniero, beh, abbiamo pensato si trattasse della dimora di un re... ed i re sono generosi, offrendo ai cavalieri erranti accoglienza ed ospitalità...” mostrando un timido sorriso.
“Io non sono un re.” Sbottò il gigante. “Sono un barone.”
“Perdonate allora...” con un inchino Guisgard “... ma la vostra maestosità ci aveva indotto a ritenervi un re... ma siete comunque di sangue nobile e ciò ci conforta... quale re servite? O magari siete vassallo di qualche vescovo?”
“Re?” Ripetè divertito il gigante. “Vescovi?” Rise in modo fragoroso, intimorendo ancor più quei cavalieri. “Io servo solo il mio signore!” Esclamò. “Ed egli è più grande di tutti i re e di tutti i vescovi della Terra!”
“Allora siete fedele a qualche imperatore, o forse addirittura al Papa di Roma?” Fissandolo Guisgard.
Il gigante si abbandonò ad una risata ancora più assordante.
“Io servo un principe!” Sedendosi su una delle sue enormi sedie. “Un grande principe!”
“Bene!” Esclamò Guisgard. “Allora egli sarà lieto dell'ospitalità che ci concederete, visto che noi ve la domandiamo in nome di San Raffaele Arcangelo, protettore e custode dei viaggiatori!”
“Che mi importa di San Raffaele!” Tuonò il mostro. “Io obbedisco a ben altro signore! Sono Passato, servitore di Meridiano, principe infernale e signore dell'Accidia!”
“Il servo di un demone!” Gridò Emmas. “Siamo perduti!”
E con gli altri corse a nascondersi sotto la monumentale tavola.
Ma il gigante Passato, lesto, riuscì ad afferrare Slhas.
Lo lasciò prima penzolare tenendolo in mano e poi gli staccò una gamba, tra le grida di dolore del malcapitato cavaliere.
Strinse allora la gambiera del povero Slhas, fino a farne uscire la carne, per poi succhiarla avidamente.
Prese infine anche il resto del suo corpo e schiacciò la corazza fra le dita allo stesso modo della gambiera, facendone così uscire carni e viscere.
E mangiò bramosamente davanti agli altri cavalieri che assistevano impotenti e terrorizzati.
E tutto ciò mentre il povero Slhas gridava delirante di dolore.
“Ora” con la bocca e le mani ancora sporche del sangue del cavaliere “questo fugace pasto mi ha messo voglia di musica...” e ridendo il gigante estrasse dalla sua sacca una rudimentale rotta.
E cominciò un canto stonato:
“Oh... vedo indugiar...
oh... di sangue un mar...
E ad orribili forze lo consacrerò...
e del mio signore il favor sempre avrò!”
E quel canto rimbombò assordante nelle orecchie e nelle teste dei cavalieri, quasi a portandoli alla pazzia.
“E' finita, Guisgard!” Urlò Cossel. “Moriremo qui e non raggiungeremo mai Sygma!”
“No...” mormorò lui “... non fino a quando saremo ancora vivi...” fissò poi l'orribile mostro “... amate dunque l'arte, mio titanico signore?” Facendo timidi passi verso di lui. “Ciò ci allieta... anche noi siamo uomini d'arte...”
“La musica” fece Passato “è quanto di più divino esista al mondo.”
“Avete ragione...” annuendo Guisgard “... gli antichi infatti ponevano note tra le rime, unendo così musica e poesia...”
“Cosa pensi del mio canto?” Chiese il gigante al cavaliere.
“E' bello!” Intervenne, seppur non interpellato, Cossel. “Bellissimo! Meraviglioso!”
“Non lo dici convinto...” fissandolo il mostro “... vuoi ingannarmi...” allungò allora la mano per afferrarlo.
“Aspettate!” Gridò Guisgard. “L'avete chiesto a me, no? Non badate ai miei compagni! Essi non s'intendono d'arte!”
“Prima avevi detto” mormorò Passato “che siete uomini d'arte...” fermandosi e Cossel ne approfittò per tornare a nascondersi sotto la tavola “... non era dunque vero?”
“Certo che lo era!” Urlò Guisgard. “Ma amare l'arte non basta per comprenderla davvero! Loro” indicando i suoi compagni “ascoltano musici e poeti, ma non possono certo comporre, né dunque giudicare in pieno un'opera!”
“Allora con voi è sprecata la mia arte!” Disse il gigante.
“Non con me...” ridendo Guisgard.
“Sei dunque un artista?”
“Certo!”
“Componi musica come me?”
“No, ma amo raccontare storie...” lesto Guisgard “... al suono della mia ocarina...” mostrando lo strumento al gigante.
“Dimmi allora cosa ne pensi della mia musica.”
“Io credo” osservò Guisgard “che sono bei versi... intrisi di un sincero slancio ed altamente evocativi... tuttavia” sospirò “manca loro qualcosa...”
“Che mancanza ci trovi tu?” Sul punto di adirarsi il gigante.
“Sono belli, a tratti meravigliosi...” spiegò il cavaliere “... ma infondo qualsiasi artista potrebbe arrivare a comporli... voglio dire... se quella canzone l'avesse composta un Esiodo, una Saffo, persino un Pindaro o un Virgilio, beh, non si potrebbe non gridare al genio assoluto... ma è una soglia che l'animo mortale ha già raggiunto... con quella vostra musica potreste gareggiare con Omero o con Dante... ma davvero questo volete? Attraversare vie già battute da altri? Quando invece con le vostre qualità potreste eccellere?”
Il gigante lo fissò pensieroso.
“Si, hai ragione...” mormorò poi “... sento spesso che potrei superare ogni arte conosciuta... si, è vero... hai letto bene nella mia arte, cavaliere...”
Guisgard rispose con un inchino, per poi voltarsi verso i suoi compagni che assistevano nascosti.
E con uno sguardo cercò di tranquillizzarli.
“Fammi ascoltare come suoni quel tuo strumento...” ordinò il gigante.
E Guisgard cominciò a suonare la sua ocarina.
“E mentre suoni” aggiunse Passato “narrami una storia... e se mi piacerà, come premio, ti mangerò per ultimo...” ed abbozzò un inumano ghigno.