La misteriosa donna non sembrò badare troppo alle parole di Altea.
Continuava ad avere quel vago ed enigmatico sorriso e con naturalezza cominciò ad avvicinarsi al tronco che bruciava nella notte.
“Mio figlio” disse “è cresciuto con sani valori e forti ideali. Io stessa, sin dalla sua infanzia, ho voluto impartirgliene. E quando la sua età ha richiesto una guida più preparata, allora ho fatto sì che lasciasse la nostra casa per seguire un degno maestro di vita.” Fissò suo figlio e sorrise dolcemente.
Questi allora scese da cavallo e avvicinandosi a sua madre le baciò poi la mano.
“Togliti l'elmo, figlio mio adorato...” fece lei, slegandogli delicatamente il cimiero “... così che tutti possano vedere quanto sei bello...”
E tolto l'elmo, il giovane apprendista mostrò il suo volto.
I tratti e le fattezze erano le sue, come potevano riconoscere i tre viaggiatori dopo averlo visto alla locanda e presso il suo maestro.
Tuttavia ora, in maniera quasi incredibile, il giovane appariva cresciuto.
Se prima la sua età non superava che di poco l'adolescenza, ora invece si mostrava ai loro occhi un giovane più maturo.
“Che incanto è mai questo?” Stupito Gyen.
“In questi boschi” mormorò la donna “tutto può apparire mutevole ed ingannevole. Le illusioni sono ad ogni passo ed errare senza meta è un pericolo costante. Voi che giungete dalle città, che sono sotto il superstizioso dominio della Chiesa, siete facili da raggirare. Ovunque siate diretti, la vostra destinazione vi sembrerà irraggiungibile.”
“E se vi lascerete guidare da quel chierico” fece l'apprendista indicando il novizio Pich “finirete col perdervi nei meandri di questi luoghi a voi ignoti.”
A quelle parole, Tyssen e Gyen si voltarono verso Altea.
A lei spettava ora cosa decidere.