I mercenari di Gufo Scarlatto attraversarono il bosco e continuarono il tragitto fino a notte fonda.
Si accamparono allora nella boscaglia, per riprendere il cammino alle prime luci dell'alba.
Durante il percorso, alcuni di quelli si divertirono a prendere in giro Guisgard.
Il loro schiavo fu fatto cadere da cavallo e trascinato per un po', legato ad una corda alla sella della sua cavalcatura.
Fu Gufo a fermarli.
“Magari” disse ai suoi “questo miserabile sa davvero impugnare un'arma. Ad Afravalone lo metteremo alla prova. Male che vada ne faremo di lui un maniscalco o uno stalliere.”
E verso Mezzogiorno, finalmente, l'armata mercenaria avvistò le torri di Afravalone.
Il loro ingresso in città fu accolto dalla meraviglia e dalla curiosità della gente.
Erano uomini armati fino ai denti, abili combattenti e abituati ad ogni tipo di guerriglia conosciuta.
Come tenerli a bada?
Questo si chiedeva la gente.
Alla fine i mercenari raggiunsero il Senato e qui furono accolti da Bool e da Gheorgis.
Così fu assegnata loro una caserma di proprietà ecclesiastica, per fungere da loro quartier generale.
Qui Gufo Scarlatto volle subito mettere alla prova il suo prigioniero.
“Affronterai Koim...” fece il mercenario “... il più abile spadaccino della compagnia. Dopo di me, naturalmente. Si combatterà fino al primo sangue.” Lanciò ai piedi dello schiavo uno spadino.
Koim allora impugnò la sua arma ed affrontò Guisgard.
I due così cominciarono la contesa.
Koim era rapidissimo e si divertiva a stuzzicare Guisgard.
“Ora gli taglierò la giubba all'altezza della spalla destra...” vantandosi davanti agli altri
E così fece.
“Ora a quella sinistra...” e fece altrettanto “... adesso sul fianco destro...” e così fu.
“Dai, fagli un bel graffio, fratello!” Gridò uno dei mercenari che assisteva.
“Certo!” Esclamò Koim, per poi lanciarsi contro Guisgard.
I due allora furono quasi al contatto fisico, poi si allontanarono rapidi l'uno dall'altro.
“Ti ho mancato per poco.” Ridendo Koim. “Ma ora non te la caverai.”
Guisgard però si fermò e lanciò lo spadino ai piedi di Gufo.
“Perchè ti fermi, cane?” Urlò Koim. “Ti dai per vinto?” Ma poi si accorse che la sua giubba era tinta di sangue.
Allora si tolse quella veste e scoprì il suo fianco tagliato dalla spada di Guisgard.
A terra infatti lo spadino era macchiato di sangue.
Il sangue di Koim.
“Eccellente...” mormorò Gufo “... meriti un bel premio...”
“Rendimi la libertà.” Disse Guisgard.
Gufo rise forte.
“Perchè ridi?” Con astio Guisgard.
“Ci sono solo tre modi per lasciare questa compagnia...” fissandolo Gufo “... trascorrere dieci anni di onorato servizio ai miei ordini... o pagare una penale di diecimila Taddei...”
“Hai detto tre modi...” mormorò Guisgard “... qual'è il terzo?”
“Morire sul campo di battaglia...” sentenziò Gufo.
E tutti i mercenari risero sonoramente, mentre lo sguardo di Guisgard era su ognuno di loro, per poi fermarsi in quello impenetrabile di Gufo.