“Allora” disse Karel a Gabin “faremo così... potrà darsi che per un certo tempo io e Clio si debba stare lontani dalla vita di corte... verremo qui, come tuoi affittuari, Gabin.”
“Signore...” fece il vecchio guardiano “... la mia cosa, come la mia devozione e la mia fedeltà, è vostra... non sarete mai un ospite qui... ma sempre e solo il mio principe e come tale vi tratterò.” Con un inchino.
“Invece” sorridendo il principe “io ti pagherò proprio per la tua fedeltà alla Casa Reale, vecchio mio.” Dandogli una pacca sulla spalla. “Ora lascia che mostri la villa alla mia amata, Gabin.”
Così, il principe e Clio passeggiarono per l'orto posto dietro quella dimora.
“Gabin è sempre stato un uomo semplice...” mormorò Karel accarezzando le verdure e gli ortaggi di quel campetto “... da piccolo, per farmi mangiare frutta e verdure, ricordo che le dame di mia madre chiamavano proprio lui...” sorrise “... e con tanta pazienza, per ogni verdura che c'era a tavola lui inventava una storia... erano novelle di contadini, genuine e sempre con una morale di base... forse per questo, crescendo, ho poi cercato quelle morali nella vita reale... io credo possa esistere un mondo diverso, dove le parole non cedano mai il passo alle armi e la pace non trovi mai il modo di indietreggiare davanti alla guerra... so che in Senato non godo di fiducia ed ammirazione... un Afavalonese che rifiuta la nobile arte della guerra, dicono di me... lo so benissimo... ma sono fatto così e credo in ciò che dico...” la fissò “... come credo che sia un peccato vedere una donna come voi con indosso armi ed uniformi... avete portato la spada con voi... eppure qui non ci sono pericoli... l'unico per voi sono le mie parole, ma non vi servirà una spada per difendervi da esse... Clio, so che vostro padre vi ha voluto così... ma credo anche che meritiate di decidere da voi sul vostro futuro... quando torneremo io a corte e voi in caserma, prima di spogliarvi di questo abito, vi prego, restate qualche istante a fissarvi davanti ad uno specchio... e guardate la donna che vedo io...”
Ad un tratto i due udirono qualcuno parlare.
Era una vecchia donna che se ne stava sotto una grossa quercia.
“Eh, ecco che ritorna la pioggia...” mormorò.
E infatti una leggera pioggerellina in breve diventò più intensa.
Così anche Karel e Clio trovarono riparo sotto i robusti rami di quella quercia.
“Ma tu sei Claren...” fissando la vecchia il principe “... la moglie del buon Gabin!”
“Mi conoscete?” Guardandolo lei. “Oh, Cielo... altezza...” riconoscendolo, per poi stringergli forte la mano nelle sue.
“Quanto tempo è passato...” annuendo Karel “... cosa facevi?” Osservando le piccole pietre che la vecchia aveva con sé.
“Sono Rune...” sorridendo lei “... mi aiutano a capire meglio la vita, mio signore...”
“Rune?” Ripetè Karel. “Ma non fanno parte del folclore germanico? Anzi, che io sappia sono legate alla religiosità di quei popoli. Cosa direbbero i nostri cattolici senatori se ti vedessero ora a leggere queste pietre?”
“Altezza, gli Afravalonesi” spiegò lei “non sono forse di stirpe normanna e dunque germanica? E poi non bisogna temere o fuggire ciò che non conosciamo... il Divino e dunque Dio, è in ogni cosa, indipendentemente dal nome e dal credo che noi diamo... credete forse che siano idoli pagani, quali Odino o Thor, ad animare l'energia delle Rune? O che forse fosse davvero Apollo a far parlare la Pizia o la Sibilla di Cuma?” Scosse il capo. “Dio è in ogni luogo e si manifesta in maniera spesso inspiegabile per noi uomini... rammentate sempre... tutto ciò che esiste è frutto della Creazione di Dio ed obbedisce alle Sue Infinite Leggi...”
“Vedo che la tua saggezza non è calata col tempo...” annuendo Karel “... su, mostraci cosa vedono le tue Rune su me e su Clio...”