Al posto di distrarmi, quella folla accelerava i battiti del mio cuore.
Non era la prima volta che combattevo con tutti quegli spettatori, ma di solito era per gioco, divertimento, non c’era la mia vita in ballo.
Astin, con alcuni dei miei, era a bordo del campo, mentre altri, che non erano di guardia, se ne stavano sparpagliati nel l’ippodromo.
Ero stata categorica su questo.
Il duello non doveva distrarli dal loro compito: salvaguardare l’ordine.
Una flebile voce dentro di me si chiese dove fosse Karel, se fosse venuto davvero.
Ma in realtà, appena entrata in caserma, qualche ora prima, la donna dentro di me si era rintanata in un angolo, a fantasticare sul matrimonio, senza far fastidio a nessuno, mentre il soldato si era svegliato riposato per la lunga notte in cui non aveva avuto voce in capitolo ed era pronto a combattere, spettava a lui difendere la donna, infondo.
Lanciai ad Astin uno sguardo d’intesa e sorrisi.
Sapeva, gli avevo spiegato esattamente cosa fare nel caso di sconfitta. Dovevano venirmi a prendere, non permettere a nessuno di avvicinarsi al mio corpo. Tranne a Karel, ma non si aspettavano che il principe fosse lì a vedere.
E comunque, non avevo alcuna intenzione di morire, avevo appena cominciato a vivere.
Sorrisi al maresciallo di campo, e restai vicino ai miei uomini, incapace di sedermi, mentre, col capo rivolto al sole, mormoravo una preghiera.
Un trambusto mi destò, abbassai lo sguardo e li vidi: erano arrivati finalmente.
Le preoccupazioni, i sogni, i pensieri tutti scomparvero dalla mia mente.
Forse non ero un granché come donna, ma combattere era la cosa che sapevo fare meglio.
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