Fu un attimo.
Poi l'Inferno.
Il fuoco in brevissimo fuoriuscì dai palchi in legno, dai padiglioni e dai tendoni.
Gli steccati che delimitavano lo spiazzo del campo presero fuoco in un baleno.
Le fiamme divamparono così ovunque, fino a raggiungere le gradinate in pietra.
Per lo spavento la folla cercò subito di lasciare l'ippodromo, lanciandosi verso le uscite in modo caotico e disordinato.
Questo causò ancora più problemi e molte persone rimasero schiacciate sotto quella moltitudine che cercava scampo fuori da quel luogo.
Ormai l'ippodromo era divenuto una grossa trappola di fuoco, dove molti, scampati all'esplosione, trovarono la morte sotto i crolli delle murature sciolte dal fuoco o gettandosi dall'alto delle gradinate.
Furono momenti drammatici per Clio e per i suoi uomini.
Gufo ed i suoi mercenari però si rifiutarono di restare con i soldati del re.
“Siamo stati assoldati per combattere” disse lo Scarlatto a Clio “e non certo per spegnere incendi o scavare tra le macerie.”
E in poco tempo i mercenari lasciarono quell'Averno di fiamme e morte.
Quella confusione, però, non per tutti fu un evento drammatico.
Guisgard infatti, in quei frangenti, colse una possibilità di fuga.
Approfittando allora del disordine, il cavaliere si mischiò alla folla, tentando di lasciare l'ippodromo.
“Mamma!” Piangeva qualcuno. “Mamma! Mamma!” Era un bambino che si era perso.
“Ehi, ma tu sei quello che mi venne a chiamare ieri!” Riconoscendolo Guisgard.
Era infatti il piccolo Favren.
Il cavaliere allora lo prese in braccio per portarlo via da quella baraonda.
“Un soldato!” Gridò una vecchia nel vederlo. “Salvateci, vi supplico!” Afferrando il suo mantello.
Molti si avvicinarono disperati.
“Non so come si esca da qui...” fece Guisgard, con in braccio Favren “... seguitemi, ma a vostro rischio...” e si fece spazio tra la ressa.
Così, seguito dalla folla, il cavaliere riuscì ad arrivare ad una delle uscite.
Qui però alcuni soldati del Clero la sbarravano.
“Soldato, libera il passaggio!” Ordinò Guisgard.
“Ho avuto ordine dai senatori di non far passare nessuno!”
“Libera il passaggio, ti dico!” Urlò il cavaliere.
“Da qui si va verso il Senato ed il Palazzo Reale” ribattè il soldato “e nessuno può accedere a quella zona!” Estrasse la spada. “E qui sono io a dare ordini! E per il demonio io...”
Ma Guisgard lo tramortì, spingendo poi via lo steccato che bloccava il transito.
La gente così si riversò in quel passaggio e lasciò finalmente l'ippodromo.
Qualche ora dopo, Clio ed i suoi uomini, aiutati da molti volontari e dalle milizie vescovili, erano riusciti a sedare l'incendio.
Ora si scavava tra le macerie.
All'improvviso arrivò un soldato a cavallo, che subito andò a parlare con Astin.
Questi allora lasciò il suo posto e corse da Clio.
“Capitano...” disse il luogotenente “... tra i feriti che sono stati portati qualche ora fa fuori dall'ippodromo... si, insomma... pare ci sia anche sua altezza il principe...”