IL TESORO DI BOLSENA: AMALASUNTA DA RAVENNA
Amalasunta, in gotico Amalaswintha, nacque a Ravenna, tra il 495 e il 500, da Teodorico e dalla franca Audofleda o Audefleda, figlia del re Clodoveo I. Alla morte del re Teodorico, nel 526, il figlio di Amalasunta, Atalarico, succedette al trono del regno ostrogoto in Italia, con a fianco la madre come reggente.
Amalasunta viene descritta da Procopio e Cassiodoro, suo magister officiorum, come una donna colta e raffinata, profonda conoscitrice della cultura romana e delle lingue latina e greca.
Seguendo la politica di pace di suo padre Teodorico, perseguì buoni rapporti tra Goti, Romani e Bizantini, restituendo i beni già confiscati ai figli di Boezio e di Simmaco, e favorendo la nomina di elementi moderati alle maggiori cariche dello Stato. Sorsero tuttavia conflitti con una parte della nobiltà ostrogota, che riuscì a sottrarle la cura dell'educazione del figlio, allo scopo di farne un futuro re che potesse governare secondo le tradizioni degli antenati.
Alla morte del figlio, avvenuta il 2 ottobre 534, Amalasunta divenne regina a tutti gli effetti, associando al trono il cugino Teodato, influente duca di Tuscia, con l'intento di rafforzare la propria posizione. Negli auspici di Amalasunta, Teodato avrebbe dovuto essere un elemento di equilibrio tra gli elementi intransigenti goti sul fronte interno e l'Impero d'Oriente sul fronte esterno. Avvenne invece che Teodato, forse con l’appoggio dell’imperatore Giustiniano, imprigionò la regina sull'isola Martana, nel lago di Bolsena, dove nel giugno 535 Amalasunta venne trovata strangolata.
L'assassinio di Amalasunta diede il pretesto all’imperatore Giustiniano di intervenire in Italia ed ebbe così inizio la lunga guerra greco-gotica.
Miti e leggende vivono ancora oggi su Amalasunta e sulla sua tragica fine: dal suo tesoro mai ritrovato, alla storia con il pescatore Martano, “Tomao”, che nottetempo andava a trovarla portandogli cibo ed amore.
tratta da una storia informale del Lago di Bolsena
Taliesin, il Bardo
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"Io mi dico è stato meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati." (Giugno '73 - Faber)
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