Altea, tornata nella locanda, aveva terminato di preparare il talismano.
Gvin, invece, era rimasto nella foresta, volendosi accertare che la bestia avesse davvero terminato la sua stagione di caccia grazie a quei cavalieri.
Per le strade di Solpacus, intanto, la gente festeggiava, cantava e rideva.
Tutti infatti erano convinti che il cinghiale ucciso da quei cavalieri fosse la terribile bestia che aveva seminato il terrore intorno alla loro città.
E dalla sua stanza Altea poteva udire tutto ciò.
Ma verso l'albeggiare, qualcuno arrivò in città in sella al suo cavallo.
Era un messo del Gastaldo.
“Gente si Solpacus, ascoltatemi...” fermandosi in mezzo alla folla fino a quel momento in festa “... smettete di gozzovigliare e festeggiare... gli uomini del Gastaldo hanno scoperto poco fa, a poche miglia dalla città, il corpo senza vita di una donna... è stata massacrata stanotte, nello stesso modo in cui sono state trucidate le altre vittime... la bestia è ancora viva!”
A quelle parole la folla, per la paura e la rabbia, aggredì i cavalieri che si erano vantati di aver ucciso il cinghiale, quasi lapidandoli davanti alla chiesa.
Solo l'intervento del vescovo li salvò dall'ira della folla.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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