“Il colore dei tuoi occhi” disse Guisgard a Clio, capendo che in quel momento gli sguardi di tutti in quella locanda erano su di loro “non potevo certo scordarlo, piccola, visto che la Luna e le stelle non facevano altro che che rammentarmelo ogni notte...” si sedette accanto a lei, in mezzo ai compagni della ragazza.
Poi Clio cominciò a raccontare degli ultimi accadimenti, fino alla morte di Scotir.
Guisgard ascoltava ogni parola, fingendo distacco, ma ciò che era accaduto la notte prima turbò alla fine il cavaliere.
Anche Dort e gli altri, imitando il loro comandante, ressero il gioco, trattando così Guisgard come se fosse davvero Gufo Scarlatto.
Borel poi descrisse per filo e per segno la notte appena trascorsa, del piano per catturare la bestia e del loro fallimento, fino al ferimento di Clio e alla morte del loro compagno.
E nella locanda, come Gvin ed i suoi scagnozzi, tutti i presenti si convinsero così che il cavaliere appena giunto fosse realmente il famigerato mercenario.
Compreso il locandiere.
Infatti l'uomo servì altro cibo a quel tavolo, innaffiando il tutto col miglior vino della casa.
“Siete stati avventati...” mormorò Guisgard “... cercare di stanare la bestia esponendo lei in prima persona...” guardando poi Clio.
“Il piano però ha funzionato, almeno in parte...” disse Porturos “... almeno siamo riusciti ad attirare quel dannato animale...”
“Ci sono due tipi che continuano a guardare da questa parte...” fece Ertosis
“Ah, quasi me ne dimenticavo...” mormorò Guisgard “... sono i miei due compagni... ragazzi, venite qui...” chiamando Astus e Mime “... vi presento Astus e Mime...” indicando alla compagnia i due nuovi arrivati “... prendete pure posto fra noi... li ho assoldati pochi giorni fa...” continuando a recitare il suo ruolo.
“Eh, ci voleva un bel bicchierino!” Esclamò Mime.
“Ma non esagerare, vecchia spugna!” Fissandolo Astus.
I due naturalmente avevano assistito a tutta la scena, comprendendo perfettamente l'escamotage utilizzato da Guisgard.
In quel momento si avvicinò al loro tavolo il locandiere.
“Signore...” fissando Guisgard “... è ormai tardi e ho udito che avete cavalcato a lungo... e dunque, visto l'onore di avervi, con vostra moglie ed i vostri uomini, ospiti nella mia modesta locanda, mi sono permesso di liberare per voi la mia migliore camera...”
“Avete anche una camera migliore in questo posto?” Ironico Guisgard.
“In verità, signore...” fece il locandiere “... mi sono permesso, naturalmente d'accordo con mia moglie, di offrirvi la nostra camera... vi assicuro che è la più confortevole di tutta la locanda... e spero mi farete l'onore di accettare, signore...”
“Hai sentito, mia bella sirena?” Rivolgendosi Guisgard a Clio. “Sembra che avremo la migliore suite di questo posto!” Rise appena. “Non trovate anche voi che la mia bella moglie abbia gli occhi dello stesso colore del mare all'albeggiare? E diventano ancor più trasparenti alla tenue luce di una candela... capite cosa voglio dire, vero?” Tornando a guardare il locandiere, per poi ridere, seguito subito da Astus, Porturos, Borel e Mime.
Il locandiere annuì compiaciuto.
“E sia...” annuì il cavaliere “... ho galoppato per troppo tempo e non mi va di rifiutare un letto morbido stanotte.”
“Ne sono onorato, signore!” Entusiasta il locandiere.
Così, poco dopo, ognuno di loro raggiunse la propria camera.
La stanza poi che doveva ospitare i due falsi coniugi era davvero confortevole, proprio come aveva assicurato il locandiere.
“Beh, non possiamo certo lamentarci...” guardandosi intorno Guisgard appena rimasto solo con Clio in quella camera “... sembra davvero un confortevole ed intimo rifugio d'amore, mia cara...” sorrise “... ah, già... immagino che la commedia debba interrompersi ora che siamo soli e dunque devo tornare a parlarvi col voi...” si sedette sul letto “... davvero comodo... comunque non mi dispiace venire a togliervi dai guai di tanto in tanto, sapete? Ogni volta infatti ci guadagno un bacio... mica male.” Le fece l'occhiolino. “Guàmarin... nome originale, non c'è che dire, ma dannatamente adeguato...” alzandosi dal letto e avvicinandosi a lei “... i vostri occhi sono di un colore che non si dimentica facilmente...” le sfiorò i capelli per un attimo “... avete cambiato colore ai capelli... vi stanno bene... esaltano ancor più i vostri occhi...” restò a fissarla per un lungo istante senza dire nulla, nonostante i suoi occhi dicessero molto di più.
Si tolse allora il mantello e lo adagiò ai piedi del letto, facendo dopo la stessa cosa con la giubba e poi con la camicia.
Prese infine uno dei due cuscini sul letto e lo posò su quei suoi vestiti a terra.
“Eh, non sarò un principe ereditario” sussurrò stendendosi su quel giaciglio ai piedi del letto “ma sono pur sempre un cavalier cortese... vi auguro una buona notte, lady Guàmarin... auspicando che i vostri sogni siano più sereni dei miei...” voltandosi dall'altra parte, per evitare di guardare Clio intenta a mettersi a letto.
Quel letto che lui le aveva lasciato libero.
La notte trascorse così, leggera, silenziosa e incerta.
Guisgard quasi non chiuse occhio, in balia com'era di pensieri e inquietudini.
Pensava al suo viaggio, alla misteriosa bestia e a Clio.
Verso l'albeggiare poi, quando i primi raggi schiarirono la stanza, si voltò verso il letto dove dormiva lei.
E restò a fissarla fino a quando la ragazza si svegliò.