L'incendio era stato domato e la foresta sembrava riprendere le sue fattezze terrene, ora che il Sole tornava ad illuminarla e a dissolvere le suo ombre ed i suoi fantasmi.
“Si, milady.” Disse Nestos a Clio. “Raccoglierò un po' del sangue di quell'animale. Sullo spuntone roccioso si è addensato in buona quantità.” Guardò poi Altea. “Vi ringrazio. Il Palazzo Vescovile è certo luogo più tranquillo ed adatto per curare dei feriti di quanto non lo sia un'affollata locanda.”
“Nulla affatto.” Intervenne Gvin. “Non permetterò che dei mercenari entrino nella dimora di Sua Grazia. Curerete i vostri feriti in quella lercia locanda.”
“Voi...” avanzando Vortex verso il duca “... voi, mi avete rotto gli zebedei una volta di troppo...”
“Lascia perdere.” Fermandolo Portorus. “Non ne vale la pena. Risparmiamo le forze per il prosieguo della caccia.”
“Vi ringrazio, milady...” disse Guisgard ad Altea, tenendosi il braccio che la dama aveva fasciato col suo velo “... la locanda andrà benissimo per curare le nostre ferite. Così non recheremo disturbo a nessuno.” Lanciando un'occhiata truce a Gvin.
I falsi mercenari, così, si prepararono per ritornare in città, alla locanda.
Gvin prese allora uno dei suoi in disparte, in modo che nessun altro potesse sentire.
“Cavalca verso Sud” mormorò al suo cavaliere “fino a quando troverai una locanda lungo la strada. La riconoscerai perchè l'insegna reca uno scudo. Là chiederai di un uomo di nome Igaz, il cacciatore di lupi. Con lui poi ritornerete a Solpacus dove vi attenderò.” Fissò i falsi mercenari. “Saremo noi a trovare quella bestia. La spada dei Taddei deve essere mia. Dovessi uccidere quei cani uno ad uno.”
“Compresa la donna, signore?” Fissandolo il suo cavaliere.
“Lei sarà il mio trofeo...” con un ghigno Gvin “... è troppo bella per ucciderla... per ucciderla subito, voglio dire... ora va e torna non più tardi di Mezzogiorno.”
“Si, milord.” Annuì il cavaliere, per poi galoppare via.
Gvin allora raggiunse Altea e seguiti dai suoi cavalieri tornarono tutti a Solpacus, al Palazzo Vescovile.
Intanto, Clio e Dort si erano allontanati di qualche passo per parlare fra loro.
“E sia...” l'aristocratico al suo comandante “... vi dirò ciò che penso... le ore da evitare per seguire delle tracce sono l'alba ed il tramonto, quando ossia le ombre si allungano col rischio di celare ciò che si cerca... inoltre sono sicuro che verso Mezzogiorno anche il duca ed i suoi torneranno qui per cercare quelle tracce ed avranno il vantaggio di essere freschi e riposati, rispetto a noi... per questo il mio parere è quello di tornare in città e dormire almeno per un'ora o due. Nel frattempo anche i due feriti avranno recuperato un po' le forze.” Guardò la foresta intorno a loro. “Questo almeno è il mio parere. Ma il capo siete voi e ciò può fare molta differenza. Se voi pensate che cercare ora potrà darci un certo vantaggio, beh, io non mi tiro indietro e sono pronto a seguirvi. Chissà, magari saremo fortunati. Dunque a voi la decisione.”
Ma mentre i falsi mercenari riprendevano la via per Solpacus, Guisgard si voltò a fissare Clio e Dort.
“Cosa fanno?” Chiese a Borel. “Non vorranno riprendere da soli la caccia? Potrebbe essere rischioso.”
“Forse vogliono raccogliere altri indizi.” Fece Borel. “Dopotutto è giorno ormai e non corrono rischi, visto che la bestia appare solo di notte. Su, torniamo in città, così che Nestos potrà accomodarvi quella ferita.” Sorrise. “Vedo che vi siete guadagnato i colori di una dama.” Indicando il velo di Altea che stringeva il suo braccio.
“L'unica cosa che mi sono guadagnato” replicò Guisgard “è una bella ferita al braccio che mi duole da morire.”
“Del resto siete Gufo Scarlatto, no?” Ridendo Borel.
E sebbene con riluttanza, il cavaliere seguì gli altri e insieme tornarono tutti alla locanda.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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