Destrus ascoltò con attenzione ogni parola di Altea e poi prese i due oggetti appartenuti a Thomas.
“Stanotte” disse il giovane “li osserverò a dovere e magari scoprirò qualche traccia... domattina poi parleremo a mio zio dei vostri sospetti sulla bestia... ora andate a riposare, milady... a domani, se Dio vorrà...” e i due si separarono.
E Altea, in balia di pensieri e dubbi, infine cadde addormentata...
La foresta, la foschia e l'oscurità ovunque.
Il lieve sibilo del vento fra le foglie, l'enigmatico verso di qualche animale notturno, l'angoscia dell'attesa.
Il lento scorrere del ruscello, l'immensità della notte, l'oblio del mistero e la paura della morte.
Altea camminava a piedi nudi sul pietrisco e sul terreno, abbigliata com'era di una lunga clamide, come le sacerdotesse a cui apparteneva.
Poi una voce lontana.
La chiamava.
Lei la riconobbe, era Thomas.
Corse allora tra i cespugli nella direzione in cui aveva udito suo fratello chiamarla.
Correva, correva, mentre tutt'intorno a lei appariva indifferente.
Finchè vide una figura.
E si avvicinò a quella.
Ma la figura voltandosi rivelò il suo volto: era Gvin.
Il duca la prese con forza tra le braccia, intenzionato ad usarle violenza.
Le sue mani parevano essere una morsa d'acciaio tanto erano forti.
Lei si divincolava.
“Smettila, sciocca!” Urlò Gvin. Sono l'unico che può ritrovare tuo fratello! Ammesso che sia ancora vivo! E comunque è colpa tua se qualcosa gli è capitato nella foresta! Colpa tua! Colpa tua!”
Continuava a gridare.
Altea si svegliò di colpo, con ancora le parole di Gvin che le rimbombavano nella testa.
Guardò fuori e si accorse che era ancora notte fonda.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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