Io ho afferrato, Mosconi docet
Comunque, riguardo al caso di Capodanno, le cose sono un pò diverse da come i giornali ce le hanno fatte intendere, mi sono appena informato.
Vi posto una cosa interessante, che ribalta la questione per come l'avevamo intesa. Buona lettura:
Link di un articolo del "Corriere" in cui spiega perché i politici sbagliano a cavalcare l'onda della folla.
http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio...44f02aabc.shtml
La politica inganna l'opinione pubblica sul caso dello stupratore di capodanno
*Il violentatore non se l'è cavata*
La custodia cautelare non è affatto l'anticipazione del futuro
«castigo» che il «colpevole » meriterà
di Luigi Ferrarella
È crudele che la politica inganni l'opinione pubblica alimentando nei
cittadini l'equivoco alla base delle polemiche sugli arresti
domiciliari chiesti dalla Procura di Roma per il violentatore di una
ragazza a Capodanno, come se costui l'avesse fatta franca per il solo
fatto di essere oggi agli arresti a casa invece che in carcere.
Nell'ordinamento vigente, infatti, la custodia cautelare non è affatto
l'anticipazione del futuro «castigo» che il «colpevole » meriterà per
il delitto commesso, non è un antipasto della punizione, non è il modo
di risarcire la parte lesa per il male patito e la collettività per
l'infrazione alle regole. La punizione per il dolore arrecato alla
vittima, la pena equa per il delitto commesso, la sanzione che potrà
disattendere le giustificazioni «buoniste» abbozzate dall'indagato
(ero drogato, non ero in me, sono pentito), vanno chieste alla
sentenza del processo, non adesso, alla carcerazione del giovane. La
custodia cautelare in carcere, invece, è solo uno strumento
utilizzabile dai magistrati, per un limitato periodo di tempo e se ve
ne sia motivo ricavato da specifici elementi, per tutelare la
genuinità delle indagini dal pericolo di inquinamento delle prove, per
neutralizzare il pericolo che l'indagato fugga, per contenere il
rischio che ricommetta il reato.
Tre esigenze cautelari che, nel caso dell'indagato romano (reo
confesso, incensurato, facilmente controllabile nell'abitazione dei
genitori) il pm ha valutato soddisfatte già dagli arresti in casa in
attesa del processo. Soluzione che, ad esempio, potrebbe invece non
essere percorribile per un italiano con precedenti penali specifici; o
per lo straniero sospettato di uno stupro, che potrebbe restare in
carcere a motivo non di un discrimine etnico, ma dell'assenza di un
domicilio certo che lascerebbe permanere il pericolo di irreperibilità
e quindi di reiterazione del reato. Tutto ciò la politica sa
benissimo, ma si guarda bene dallo spiegarlo ai cittadini. Anzi
continua a smarrirli e disorientarli, per esempio alimentando
l'illusione per cui, se «è la legge sbagliata», allora «la si
cambierà» in modo che per reati gravi come lo stupro la carcerazione
prima del processo «sia obbligatoria»: è una presa in giro, giacché
chi la propone sa bene che la Consulta ha più volte rimarcato che
contrasterebbe con i principi costituzionali qualunque norma che
stabilisse per alcuni reati l'automatica applicazione della custodia
cautelare in carcere, ribadendo invece che in base a quei principi
deve essere sempre lasciato al giudice uno spazio di valutazione
dell'indagato-concreto nel caso-concreto. Ma l'assurdità e al tempo
stesso la contraddizione più clamorose arrivano da quella politica
che, negli arresti domiciliari all'indagato per stupro, censura
l'assenza di «pene esemplari senza pietà » (come da destra il ministro
delle Pari opportunità Mara Carfagna), o si duole che «così passi un
messaggio di non gravità dello stupro» (come da sinistra la sua
collega del Pd, il ministro-ombra Vittoria Franco).
Assurdo, perché il compito dei magistrati non è lanciare «messaggi»
sui «fenomeni», e nemmeno produrre «esemplarità», ma giudicare singole
persone in casi concreti. E contraddittorio, perché una magistratura
che lanciasse «messaggi», o producesse «esempi», farebbe non il
proprio lavoro ma supplenza della politica o della sociologia: cioè
proprio quello che la politica critica, e a ragione, quando è la
politica a subire quella «messaggistica» o quegli aneliti di
«esemplarità» che talvolta affiorano nelle pieghe di provvedimenti
giudiziari confusi, sovrabbondanti, sproporzionati. Più utile forse
del rituale invio di ispettori ministeriali alla Procura di turno,
forse sarebbe dare concretezza ai tante volte annunciati, e
altrettante volte rimandati o tenuti a bagnomaria, interventi pratici
per velocizzare la celebrazione dei processi. Anche nel caso dello
stupro romano, infatti, è su questo terreno che si giudicherà davvero
la capacità dello Stato di dare una reale risposta alla ragazza
violentata: non sulla manciata in più o in meno di giorni in carcere
preventivo per il suo violentatore adesso, ma sulla rapidità di
approdare al dibattimento, di celebrarne con le ordinarie garanzie il
giudizio, e di assicurare l'effettività della pena definitiva.