Quell'isola lussureggiante ed incontaminata sembrava essere stata evocata dalla più profonda magia di Elisabeth.
Come se in essa nessuno potesse agire senza il suo consenso.
Forse neanche Isolde.
E lì, come una dea pagana, Elisabeth si muoveva bellissima tra i bianchi marmi e i fumi afrodisiaci di quel suo bagno.
Flees la vide immergersi in quelle acque, dove subito dopo sua zia restò nuda, avvolta solo da quelle calde ed infinite bollicine.
Il giovane nipote, allora, si avvicinò al bordo di quella vasca e si spogliò completamente.
Prese poi una ciotola d'olio di sandalo e cominciò ad ungersi il corpo, come in un antico rituale, divenendo così simile ad un dio, con la pelle lucidissima.
Tutto questo mentre sua zia, giocando in acqua con quelle bollicine calde, lo fissava con attenzione.
Ad un tratto, dai fumi dell'acqua, Elisabeth vide apparire qualcosa.
Un'immagine che poi divenne un volto.
Era Isolde.
La strega però non poteva vedere interamente quel tempio, se non la sola figura di Elisabeth e neanche sentire altra presenza se non quella di sua sorella.
Quel luogo era infatti incantato dalla magia di Elisabeth.
La strega giaceva in un magnifico letto di seta e oro, con accanto uno dei suoi numerosi amanti addormentati.
“Cara sorella...” disse ad Elisabeth “... ho percepito questo tuo tempio, in cui pari esserne la dea... me ne compiaccio... finalmente hai compreso che siamo simili agli dei noi maghe...” rise appena.
Flees, intanto, udendo la voce di sua madre, restò immobile ed in silenzio accanto alla vasca, dove lei non poteva vederlo, completamente nudo e con gli occhi fissi su sua zia.