“Anche mia madre fu presa per matta...” disse Roxanne a Clio “... e per una strega... si, una megera, una janara... in realtà mia madre ed io come lei, siamo un qualcosa che gli uomini comuni non possono capire... qualcosa che va oltre ciò che possono contemplare...” portò il flauto alla bocca e cominciò a suonarlo.
In principio si udì un ringhio profondo.
Poi un sordo latrato.
Un attimo dopo un'innaturale creatura apparve sulla soglia di quella cella.
Aveva tratti e fattezze grottesche, assurde, ignote a qualsiasi essere di questo mondo.
Una folta pelliccia ricopriva il suo corpo, con chiazze larghe di squame sul dorso, mentre la coda era affusolata e sottile.
Sembrava un quadrupede, ma le zampe posteriori apparivano più lunghe e robuste, capaci dunque di poter sostenere una postura eretta.
Le movenze tradivano una certa goffaggine, eppure quell'animale mostrava un'agilità straordinaria.
Lungo il collo, fino al petto, non aveva segni di peli e la pelle appariva liscia e scoperta.
Così come sulla faccia.
Gli artigli erano lunghi ed affilati, mentre le zanne che fuoriuscivano dalle fauci erano lunghe quanto la sua testa, impedendo così a quell'aborto della natura di poter serrare la bocca completamente.
Ma al di là di questi tratti deformi e terribili, ciò che colpiva di quella bestia erano gli occhi.
Occhi che sembravano possedere qualcosa di umano, nonostante la feroce e cieca violenza che emanavano.
Infatti quegli occhi erano animati da un odio sconosciuto a qualsiasi belva di questo mondo.
Un odio che in natura era presente solo negli uomini.