Discussione: Enigmi a Camelot
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Vecchio 06-06-2014, 18.10.00   #1705
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Spade che combattono da sole, altre che custodiscono un antico spirito che diviene il fedele compagno di un cavaliere errante, altre ancora capaci di sconfiggere addirittura dei demoni.
Sono solo alcune delle caratteristiche che contraddistinguono le spade magiche disseminate nei poemi e nei romanzi della letteratura Capomazdese.
Ed una delle più celebri e che abbiamo incontrato nel nostro ultimo gdr, è Mia Amata'09, la formidabile spada dei Taddei dalle qualità sovrannaturali.
La sigla '09 si riferisce all'anno in cui fu forgiata.
Si tratta di un anno fondamentale nella storia del ducato, poiché è quello in cui le ultime armate Capomazdesi abbandonarono le terre di Sygma.
E proprio per arrestare la delusione e la rabbia che si diffondevano nel ducato, che l'Arciduca decise di commissionare ad un famoso fabbro Longobardo una spada “dai tratti e dalle fattezze straordinarie”.
Una spada che doveva divenire un simbolo, un emblema della forza e della volontà dei Capomazdesi di rialzarsi dopo la cocente sconfitta ad opera di un avversario che, riprendendo le parole di un anonimo cronista del tempo, “sconfisse quasi stando seduto i Battaglioni Sacri Capomazdesi”, fino ad allora ritenuti invincibili.
Una spada che doveva incarnare i più alti valori del fiero popolo dei Taddei, quali la Fede in Dio e l'Amore per le proprie donne.
Ed il nome, Mia Amata, fu proprio la dedica che l'Arciduca volle fare alla Granduchessa sua moglie.
La scelta di colui in grado di forgiare una simile meraviglia cadde, come detto, su un fabbro Longobardo, custode degli antichi segreti dell'arte bellica Longobarda, ormai ignota ai più.
Il misterioso ed abile fabbro, il cui nome è oggi sconosciuto alla storia e indicato dalle fonti solo con l'epiteto di Maestro della Lama, impose come condizione che l'Arciduca fosse presente alla lavorazione dell'arma, per consolidare il legame tra lui e la sua spada.
Un legame speciale infatti, quasi mistico, legava un cavaliere Capomazdese alla propria spada.
Cupe leggende aleggiavano attorno alla figura di questo misterioso fabbro.
Qualcuno riteneva che egli avesse appreso la sua arte da un Jinn, una figura tipica della religione Islamica, sospesa tra mondo Ultraterreno e quello degli uomini (il famoso genio della Lampada di Aladino, tanto per fare un esempio, era un Jinn, da cui appunto la parola genio).
Ma il Maestro della Lama era ormai uno degli ultimi conoscitori dell'antica arte degli armaioli Longobardi e l'Arciduca volle lui per la fabbricazione di Mia Amata.
E così, attraverso un rituale lungo e complesso, il Maestro fuse e lavorò l'acciaio, ripiegandolo e battendolo infinite volte, fino a compattare, secondo la leggenda, ben tredicimila strati sottilissimi di acciaio pressati uno sopra l'altro.
Nella famosa compilazione “Storia dei Capomazdesi”, nel capitolo in cui si parla di Mia Amata, si racconta che il Maestro avesse preso spunto per la fabbricazione di questa spada da una rosa.
Gli infiniti strati d'acciaio, così, simboleggiavano i petali di quel fiore, mentre l'elsa, in madreperla e giada, il suo gambo intrecciato di foglie.
La spada, così, apparve subito straordinariamente perfetta, tanto che il Maestro giurò di non forgiare mai più nulla di simile, poiché insuperabile.
E per non correre il rischio di rivelare a nessuno il segreto di quella lavorazione, si strappò la lingua, finendo poi i suoi giorni ramingo e solitario.
Un altro mito vuole che sulla lama di Mia Amata fosse incisa un'iscrizione che permetteva di realizzare un colpo praticamente infallibile, conosciuto come “Taglio della lama vibrante”.
Un colpo che, secondo la tradizione, traeva la forza dallo spirito di chi impugnava la spada, facendo sorgere così la credenza che la vita di Mia Amata e quella del suo possessore condividessero il medesimo Destino, morte compresa.
E l'Arciduca fu così affascinato dalla sua spada che decise di conservarla in un luogo Sacro e protetto da un segreto quasi indecifrabile.
Si tratta della piccola cappella della Divina Misericordia, nella città di Faicus, sede di una delle corti itineranti dei Taddei.
La cappellina presenta al suo interno la statua del Cuore di Gesù, con quattro pannelli ai lati della stessa, ciascuno raffigurante una scena.

Nel primo si vedono i mistici fiori del perduto Giardino dell'Eden.
Nel secondo Tristano che suona la rotta al cospetto della sua Isotta e di Re Marco.
Nel terzo Angelica e Medoro con quest'ultimo che incide sulla corteccia di un albero i loro nomi racchiusi da cuori.
Nel quarto pannello, infine, vi sono diversi quadri che riportano episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento.

Secondo la leggenda Mia Amata è custodita in questa cappellina e solo risolvendo l'arcano dei quattro pannelli è possibile trovarla.
Infatti i pannelli sono tutti collegati fra loro grazie ad un particolare.
Tutti tranne uno, che dunque fra essi è l'intruso.

Dame e cavalieri di Camelot, sapete indicare il particolare che lega i tre pannelli fra loro e di conseguenza quale invece fra essi è l'intruso?
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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