“La libertà, mia cara, è la possibilità che tutti gli uomini hanno di poter vivere in pieno la loro vita e di poter godere anche dei propri errori, senza correre il rischio di essere giudicati da un proprio simile o da qualsiasi altra autorità di questo mondo.” Disse Oxuid ad Elisabeth. “Io, da uomo libero, pretendo dunque di avere il diritto anche di sbagliare, senza per questo dover credere di offendere un qualsiasi Dio ed i Suoi presunti Dettami.”
In quel momento le mura di Imperion apparvero all'orizzonte.
Erano di solido granito e parevano svettare verso il Cielo, senza paura di sfidare nessuna delle Angeliche Intelligenze che vi abitavano.
Alte torri merlate, rafforzate ciascuna da un poderoso barbacane e collegata a tutte le altre da un ciclopico e continuo muro a scarpa, scandivano la regolare perfezione della cinta muraria che correva intorno alla città, racchiudendola come a volerla preservare dai valori ed i principi che fino a quel momento avevano fatto girare il mondo con le sue società di Antico Regime.
La carrozza entrò così in quella babelica città, le cui case, i palazzi, le rocche e le torri apparivano come ammutolite da un'innaturale apatia.
Forse a causa delle tante guardie che controllavano le strade, o per i cittadini che parevano muoversi come laboriose formiche tutte uguali, o forse perchè in quel luogo sembrava mancare qualcosa.
Qualcosa che invece era presente in tutte le altre città del mondo occidentale.
Le chiese.
La carrozza, infatti, attraversando le strade di Imperion, mostrò ad Elisabeth come le chiese presenti avessero tutte le porte chiuse con assi di legno o travi di ferro e nell'aria non vi fosse il minimo suono che assomigliasse al rintocco di una campana.
E nei cieli di Imperion non sventolava neanche una Croce.
Era invece il simbolo di Picche che su stendardi, bandiere e scudi si innalzava quasi come superbo vessillo e monito verso tutto ciò che l'ordine di questa città combatteva.
La vettura infine arrestò il suo cammino di fronte ad un grande palazzo in stile comunale, simile ad un'antica rocca medievale rivisitata oggi con gusto rinascimentale.
Oxuid scese dalla carrozza e fece cenno ad Elisabeth di seguirlo.
I due entrarono così in quel grande palazzo, fino a raggiungere una piccola stanza.
Qui Oxuid, senza proferire parola, fu subito riconosciuto dal funzionario seduto ad un tavolo che alzandosi lo salutò rispettosamente con un cenno del capo.
“Compagno funzionario...” disse poi il dottore “... annunciami subito al compagno Budkin.”
Il funzionario annuì e fece poi un segno a lui e ad Elisabeth per essere seguito.
Attraversarono un lungo corridoio, fino a raggiungere una porta dall'aspetto austero.
Qui il funzionario bussò.
“Compagno Budkin...” aprendo la porta questi “... il compagno Oxuid a rapporto.”
“Bene, che entri allora.” Rispose una voce dall'interno della stanza.
Qui Elisabeth ed Oxuid trovarono un ometto vestito elegantemente insieme ad una donna, anch'ella ben vestita e dall'aspetto avvenente, sebbene non raffinatissimo, seduta su una bassa poltrona con in mano un vistoso ventaglio che agitava con fare civettuolo.