La bettola pullulava di ogni sorta di umanità, fragorosa delle sue risa, dei suoi strilli e di tutte quelle parole che confondendosi, mischiando fra loro idiomi greci e spagnoleggianti con cadenze siciliane, napoletane, maltesi e persino con qualche parola di provenzale, generavano un chiassoso mormorio quasi costante e a tratti più fastidioso dei rumori di posate e piatti che provenivano dalla cucina.
Era tuttavia un luogo economico e tranquillo per sostare, l'ideale per chi, come la maggior parte di quei clienti, era solo di passaggio in quel porto.
L'oste infatti era solito non fare domande, né richiedere firme ai frequentatori della sua osteria.
E forse proprio per tutti questi motivi il giovane Imone Marsin l'aveva scelta, preferendola a tutte le locande del porto.
Ad un tratto nell'osteria arrivarono alcuni cavalieri.
Ridevano e scherzavano fra loro, con al centro quello che sembrava essere, se non il capo della combriccola, almeno colui che superava in arroganza tutti gli altri.
Costui, nel sedersi ad uno dei tavoli con i suoi compagni, gettò uno sguardo intorno a loro, notando subito, cosa alquanto non difficile visto gli abiti che indossava, la presenza di Imone.
Il giovane infatti appariva come una mosca bianca in quel luogo.
“Avete udito, amici miei...” disse il cavaliere ai suoi compagni.
“Cosa, Dension?” Chiese uno di quelli.
“Avete udito” ripetè Dension “di come il termine sgualdrina riesca a mutare valore e quasi significato asseconda della donna verso cui lo si indirizza?”
Uno dei compagni, notando la presenza di Imone, lanciò un'occhiata a tutti gli altri, per poi ridere.
“Davvero, Dension?” Fissando il cavaliere un altro dei suoi compagni. “Interessante cosa questa.”
“Se a prostituirsi è una popolana” fece Dension, senza voltarsi mai verso il tavolo di Imone “allora la si etichetta subito, con ragione, come sgualdrina o peggio... se invece a concedersi così è una nobildonna si comincia a chiamarla favorita del re...”
Gli altri risero.
“Per quanto mi riguarda” mormorò Dension “una sgualdrina è una sgualdrina, al di là del rango e del denaro che sfoggia... ma si sa, gli aristocratici amano scrivere la storia a modo loro... caratteristica questa che ben dividono con i chierici...”
“Dici che sono così diplomatici, Dension?” Uno dei suoi al cavaliere.
“Assolutamente.” Annuendo questi. “Prendete quel giovane alle mie spalle...” indicando con un cenno del capo Imone “... il nome di suo padre è senza dubbio incerto, magari perchè sua madre, tra gli altri, si sarà concessa anche a qualche testa coronata, oltre che a stallieri e valletti... ebbene quel giovane sono certo vi risponderà affermando che le corna di suo padre sono comunque corna reali.”
E tutti i suoi compagni scoppiarono a ridere forte.
Imone allora si alzò di scatto e fece un passo verso il tavolo di quei cavalieri.
A quella scena, qualche tavolo più indietro, assisteva anche Guisgard, appena arrivato al porto.
E subito comprese che qualcosa di sinistro era nell'aria.
Anche perchè quel giovane, che lui non conosceva, era uno soltanto contro ben quattro di quei cavalieri arroganti.
“Messere...” Imone a Dension “... potreste ripetere quanto detto?”
“E comunque” fissando i suoi compagni Dension e senza occuparsi di Imone “io non rifiuterei certo una notte con una simile bagascia aristocratica, anche perchè se non lo facessi io qualcun altro prenderebbe il mio posto.”
I suoi risero ancora.
“Ditemi il perchè delle vostre risa” fece Imone “e rideremo insieme, messere.”
“Ridevamo di vostra madre, amico mio.” Voltandosi finalmente verso di lui Dension. “Anzi, mi correggo... di quella baldracca di vostra madre, amico mio.”
“Io sono Imone Marsin” gridò furente il giovane “e non accetto da voi questo genere di insulti!”
“Imone!” Alzandosi dal suo posto Guisgard, per poi avvicinarsi al giovane. “Finalmente! Ma possibile che tu sia sempre in ritardo, amico mio! Su, paghiamo il conto e prendiamo subito la via per l'abbazia. Il priore ci attende per quel lavoro.”
Imone lo fissò stupito, non avendolo mai visto prima.
“Quando si ha una madre come la vostra” Dension al giovane Marsin “è lecito attendersi degli insulti.”
“Andiamo, abbiamo bevuto tutti un po' troppo...” sorridendo Guisgard.
“Non parlo con voi.” Con sdegno Dension.
“Ma parlo io a voi.” Replicò lesto Guisgard. “Vedete, siamo due architetti... lui è Imone Marsin ed io Cristian de Loren... siamo attesi al convento di Nolian per un lavoro... quindi vogliate scusarci...” e prese Imone per un braccio, per poi portarlo verso l'uscita.
“Ma chi siete?” Mormorò Imone.
“Il vostra Angelo Custode.” A bassa voce Guisgard. “Dunque seguitemi e non rispondete più alle sue provocazioni.”
“Apprezzo il vostro intervento” Imone, scrollandosi dal braccio la presa di Guisgard “ma ho il mio onore da difendere.” Per poi voltarsi ancora verso Dension.
“Suvvia, dopotutto io vi sono amico” sorridendo con scherno questi “visto che con ogni probabilità vostra madre avrà riservato di certo anche a me un trattamento di favore circa i suoi piacevoli servigi.”
Di nuovo i suoi si abbandonarono a grosse risate.
A quel punto Imone perse la testa.
Il suo viso divenne paonazzo e gli simili a tizzoni ardenti.
E con gesto improvviso colpì al volto Dension.
Guisgard comprese che era scattata inesorabile la trappola contro Imone.
“Immagino” sorridendo Dension con ancora sul viso il segno rosso dello schiaffo di Imone “che vi rendiate conto di questo vostro gesto e delle conseguenze che per voi ci saranno.”
“Sono pronto a darvi soddisfazione.” Con orgoglio Imone.
Dension ed i suoi allora, nel silenzio generale ed irreale in cui quell'osteria era piombata, presero le loro armi ed uscirono fuori.
Qui, davanti all'ingresso dell'osteria, Dension estrasse la sua spada e cominciò a scaldarsi fendendo l'aria.
“Siete uno sciocco!” Guisgard ad Imone.
“Forse...” annuendo il rampollo dei Marsin “... ma devo difendere l'onore della mia famiglia... è buffo... sono appena sbarcato e non ho amici qui... sono stato uno studente di accademia fino a tre mesi fa ed ora mi ritrovo alle prese con un mortale duello dopo aver scampato la morte in mare per mano dei pirati... vi ringrazio per aver tentato di aiutarmi... posso sapere il vostro nome?”
“Guisgard...” rispose l'altro.
“Posso avere l'onore di ritenervi mio amico?”
Guisgard annuì.
Imone sorrise, per poi uscire e raggiungere quei cavalieri.
“Eh, brutta storia...” mormorò l'oste “... uno studentello contro uno dei migliori spadaccini in circolazione.”
“Chi è quel cavaliere?” Domandò Guisgard.
“Dension detto lo Squalo...” rispose l'oste “... uno dei cavalieri passati sotto il governo di Imperion dopo la caduta di Nagos... qualcuno lo definisce un traditore, altri un sadico, altri ancora un macellaio... forse è tutte queste cose insieme.” Scuotendo il capo.
Guisgard allora corse fuori.
“Messer Dension!” Chiamò. “Ritenetevi offeso da me e non dal mio amico!”
“Con piacere, messere...” continuando a scaldarsi lo Squalo “... dopo che avrò finito col vostro compagno, s'intende...”
Il duello iniziò.
Imone fissò ancora una volta Guisgard e poi prese a battersi contro Dension.
E in quel momento nel guardare il giovane Marsin, Guisgard non vide né cavalleria, né onore in lui. Anzi, quello studente così idealista e nobile gli apparve come una triste figura drammatica in una tragedia dal finale già scritto.