Capita che nel mio giro di ronda io odi il canto malinconico di qualche prigioniero.
E tra il silenzio e la solitudine della notte le voci ti sembrano tutte uguali...
Il Castello d'If, con le sue pareti di pietra, le finestre bloccate da grate, il pavimento umido e scomodo e le brandine consumate.
E poi il rumore del mare che viene da fuori, i passi monotoni dei secondini, le urla dei carcerieri e la tua razione di brodaglia, acqua e luce.
Si, perchè anche la luce viene data in razioni al Castello d'If.
Le celle del braccio Sud, ad esempio, la ricevono al mattino, mentre quelle del braccio Nord il pomeriggio.
Non è però che te ne fai molto.
Si legge poco al Castello d'If.
E' buffo, eppure è così.
Si ha tanto di quel tempo per pensare, ciononostante non si trova mai un minuto per leggere.
Alcuni giocano con le ombre, altri invece cercano di calcolare l'ora esatta utilizzando una delle posate come rudimentali meridiane.
Nei giorni più freddi invece solitamente la luce la si usa per scaldarsi, per avere quel lieve tepore rannicchiandosi in un angolino della propria cella.
Poi arriva la sera e con essa il buio.
E infine la notte.
Le notti sono tutte uguali al Castello d'If.
Certo, anche i giorni lo sono, ma le notti di più.
Perchè?
Forse perchè dal giorno non ti aspetti nulla, mentre invece dalla notte pretendi di fare dei bei sogni.
Sognare la libertà e la Gioia, oltre le pareti, oltre le grate, oltre il mare.
Dormi e chiedi di sognare ciò che più ami.
La tua terra, magari con quel vecchio casale contornato dai cipressi che vedevi sempre quando andavi alla Pieve.
Allora non ci facevi molto caso, non ci badavi, ma adesso, mentre sei rinchiuso nel Castello d'If, quel casale ti sembra il mondo intero.
Ti basta chiudere gli occhi e lo rivedi, come in quei soleggiati mattini di un Sabato qualunque, quando ci passavi accanto e lo guardavi in mezzo ai suoi cipressi, tra le sue dolci colline e immerso in un mare di girasoli.
Chiudi gli occhi e ripercorri mille volte la stradina che porta alla Pieve, stavolta però voltandoti più volte verso quel casale.
Quanto mi manca il mio paesello ora che sono rinchiuso qui al Castello d'If.
La valle e poi il castello dalle torri quadrangolari e merlate.
Il corso dell'Elsa, la Festa del Vino ed il Palio.
Le corse a piedi fino al convento, dove c'era sempre qualcuno a recitare il Santo Rosario.
La bottega che vendeva la marmellata di cipolle e i banchi che esponevano gli oggetti in alabastro.
Le lunghe passeggiate tra i vigneti, a litigare tra le viuzze di Monteriggioni per i nomi di comunisti a cui erano intitolate e poi ad ammirare il piccolo mulino bianco tra gli arbusti.
La Torre di Vinci che non ho mai scalato, la direzione di San Gimignano che non ho mai ricordato e quella visita a Fiesole che ho troppe volte rinviato.
Si, le notti qui al Castello d'If son tutte uguali.
Chiudi gli occhi e rifai sempre lo stesso sogno.
Il mare, poi la montagna e la chiesa di San Michele che si apre ma con una grata chiusa ad impedirti l'accesso.
E poi le parrucche colorate di Sara, moto fiammanti sulle strade del Chianti, poesia, tradizione e folclore.
Le rune, la Luna e le stelle.
Il rumore del mare oltre la finestra e poi il silenzio.
Tu a fissare il cielo in cerca di quella gabbianella blu
E Carlo che mi diceva di andare a vedere il Napoli quando giocava contro l'Empoli.
Poi a Seimifonte a cercare il tesoro.
Fuggi, diceva.
Fuggi che questo castello è una prigione.
Forse per questo non si sogna più al Castello d'If.
Perchè tutti i sogni sono rimasti là, tra il casale e la pieve.
Tra la casa di Dante e la chiesa con la tomba di Beatrice.
E fra le pareti di granito del Castello d'If la libertà sembra sempre troppo lontana.
Buonanotte, Camelot...