Capitolo II: Il falco dei mari
“Aveva, naturalmente, un altro nome, ma ci teneva che non venisse pronunciato. Il suo incognito, trasparente come un setaccio, non mirava a nascondere una personalità, ma un fatto.”
(Joseph Conrad, Lord Jim)
“Il mio nome è Emas, capitano” disse uno dei tre naufraghi a Clio “e loro due sono invece Vivan e Kengo.” Indicando gli altri due. “Rispettivamente timoniere, cannoniere e cambusiere.”
“Sarà un onore unirci alla vostra ciurma, capitano.” Fece Vivan. “Ammesso di uscire vivi da Nisidas.
“Questa nave non mi è nuova...” guardandosi intorno Kengo “... tuttavia non credo di rammentare il vostro volto, capitano... voglio dire, con rispetto parlando, siete una bella ragazza ed un volto come il vostro non si dimentica di certo...” sorridendo.
Ad un tratto qualcuno si schiarì la voce.
“Posso avere l'onore di essere presentata come si conviene a questi filibustieri, capitano?” Yolanda a Clio.
“Per Bacco!” Esclamò Kengo. “Non immaginavo che su una nave pirata si potessero incontrare dame così ben vestite e con una tal capacità di linguaggio!” Rise. “E' forse un ostaggio, capitano?” Chiese poi a Clio.
“Ostaggio?” Ripetè risentita Yolanda. “Ma come osi, fanfarone! Io sono lady Yolanda de Raybot! E per tua informazione questi pirati mi stanno riportando a casa!” Sventolando il suo ventaglio con aria offesa. “E comunque ho un ruolo importante qui... sono infatti l'unica testimone oculare di un fatto stupefacente... poco fa ho visto il famigerato mostro che infesta il ducato!”
A quella rivelazione della ragazza, i tre naufraghi si scambiarono lunghe occhiate.
Nel frattempo, a Capomazda, Dominus raggiunse le segrete del secolare Palazzo dei Taddei, fino a scendere in una stanza quasi dimenticata, collocata alla fine di un buio corridoio.
Aprì la pesante porta di legno ed entrò.
L'ambiente appariva in gran parte buio, umido e maleodorante.
Solo una candela illuminava quel luogo, impestato com'era dal fetore che emettevano le carcasse di animali inchiodate alle pareti e lasciate là a marcire.
Il duca portò un fazzoletto alla bocca e si avvicinò al tavolo dove ardeva la candela.
Qui stava seduta una vecchia megera, dai capelli bianchi, la pelle giallastra e profondi occhi di diverso colore.
“Hai una bella cera...” disse piano, senza però alzare gli occhi su Dominus “... si vede che la vita lassù, tra i vivi, fa bene...” ridacchiò in modo grottesco “... un giorno o l'altro dovrò decidermi ad abbandonare questa tomba in cui mi hai seppellito...”
“Cosa vuoi?” Chiese il duca. “Perchè mi hai fatto chiamare?”
“Perchè il tuo seggio è in pericolo...” giocando con alcune pietre colorate la megera “... notizie da Gioia Antiqua?”
“La regina si è presa gioco di me...” con astio il duca “... quella donna non ha avuto alcun rispetto per il mio titolo...”
“Cosa vuoi dire?” Guardandolo la vecchia.
“Ha imposto come condizione per le nozze una sorta di pegno...”
“Quale pegno?”
“Una specie di leggenda...” scuotendo il capo Dominus “... stupida donna... che sia dannata...”
“Una leggenda?” Ripetè la megera.
“Si...” annuì con rabbia il duca “... un Fiore... un Fiore come condizione per accettare le nozze...”
“Un Fiore?” Smettendo di giocare con le pietre la vecchia.
“Si...” fissandola il duca “... il Fiore Azzurro lo ha chiamato... insomma, un inganno per respingere la mia proposta... ”
“Oh, mio povero e sciocco duca...” ridendo la vecchia “...oh, povero allocco...”
“Lo trovi così divertente, vecchia strega?” Gridò Dominus. “Se il mio potere andrà in malora allora ci andrai anche tu, lo sai! Le ricchezze di Gioia Antiqua servono ad entrambi!”
“Si, lo so...” annuendo la vecchia “... ed è per questo che non ti abbandono al tuo destino... solo per questo...”
Il duca restò in silenzio.
“Ah, mio povero sciocco...” scuotendo il capo la megera “... non so quale sia più funesta per noi, se la tua stupidità o la tua ignoranza...”
“Che vuoi dire?” Chiese Dominus.
“Quel pegno...” mormorò lei “... non è un sotterfugio per non sposarti...”
“Come fai a dirlo?”
“Perchè non sono ignorante quanto te.” Rispose la donna.
“Non ci capisco nulla...”
“Lo immagino...” sputando a terra la vecchia “... quel Fiore esiste davvero... il Fiore Azzurro è reale...”
“Come può essere?” Meravigliato il duca.
“Già...” fissandolo la vecchia “... e ti conviene trovarlo se vuoi sposare quella donna, unire le vostre due corone e conservare così il tuo potere...”
“Ma dove si trova?”
“Questo è un mistero...” chiudendo gli occhi la megera.
“C'è un altro problema che affligge il ducato...” disse il duca.
La vecchia riaprì gli occhi.
“Qualcosa sui mari e nei cieli di Capomazda che abbatte torri, attacca soldati e affonda navi...” continuò Dominus “... molti favoleggiano sia un mostro, un drago, o un animale gigantesco emerso dalla notte dei tempi...”
“L'ho visto in sogno...” sussurrò la vecchia.
“Quando?”
“Stanotte...”
“E hai capito cos'era?” Agitato Dominus.
“Qualsiasi cosa sia va annientato...” sentenziò la megera “... e va annientato quanto prima...”