Riaprii gli occhi a poco a poco.
Battei le palpebre un paio di volte, incredula.
“Avevo immaginato l’inferno molto meno confortevole..” mormorai, divertita.
Chissà, pensai, magari sono naufragata e qualcuno mi ha salvato.
Ma poi lo vidi.
Quella semplicità stonava tra lo sfarzo e l’opulenza di cui la stanza era ricoperta.
Eppure mi sembrava il più grande tesoro, il più prezioso, il più raro.
Il mio pugnale.
Il cuore iniziò a battere forte.
Ero morta davvero dunque? Forse tutto ciò che vedevo altro non era che i miei desideri.
Ma quelle ricchezze non erano poi diverse da quelle dell’Hydra, la mia cabina non aveva tanto splendore, ma non sarebbe nemmeno sfigurata.
E allora dov’ero?
Feci per alzarmi, ma mi bloccai nel sentire fischiettare.
Nel mettermi a sedere mi resi conto di avere indosso solo una veste di seta.
“Fantastico..” mormorai, sarcastica.
La pazienza non era mai stata una mia qualità, anzi.
Così, sottoveste o no, scostai le coperte e mi alzai, diretta al grande divano di gusto Ottomano, su cui giaceva il mio pugnale.
Allungai la mano per sfiorarlo, col cuore che batteva all’impazzata, temendo quasi che scomparisse al mio tocco, che si rivelasse essere una visione e nulla più.
Non osai prenderlo.
Volevo sapere dove mi trovavo, se stavo sognando, ero nell’oltretomba o che altro.
Così, lasciai a malincuore il mio adorato pugnale per dirigermi verso la porta, come attratta da quell’allegro fischiettare.