Il Maggiordomo annuì a quelle parole di Galgan.
“Invero” disse poi “io non credo che vi sia un Dio nei Cieli che controlla e giudica l'operato di noi poveri mortali. Preferisco invece pensare che l'uomo sia frutto di fenomeni oggi sconosciuti, ma del tutto naturali e un giorno forse spiegabili e che possa disporre liberamente della sua vita senza costrizioni o limitazioni di sorta. Ma rispetto il vostro credere. Tra uomini civili la tolleranza è una condizione imprescindibile.” Sorseggiò un po' di quel liquore. “Mi perdonerete spero se bevo comunque.” Si tolse il cappuccio e mostrò finalmente il suo volto.
Era un uomo sulla sessantina, dai capelli grigi, la barba ben curata, un sorriso pacato e due occhi vispi ed indagatori.
“Ma veniamo al dunque, senza temporeggiare oltre...” continuò “... ho udito parlare di voi sin dal vostro arrivo al castello e non so perchè, ma ho subito avvertito qualcosa. Forse nel vostro nome, forse nel modo in cui mi hanno parlato di voi, cavaliere... e per questo vi ho scelto, o almeno avrei desiderio di farlo se avrò il vostro consenso, come campione della nostra baronia per una nobile impresa...” guardando Galgan negli occhi.