Altea vide tutto dal suo balcone: Guisgard, con accanto Clio, che riprendeva i sensi e poi quei valletti impegnati a montare una vera e propria scenografia teatrale intorno a loro.
Come se un'irreale arena avesse preso forma in quel luogo, come l'ultimo scenario di un qualcosa di folle, a metà tra la farsa e la tragedia.
Poi uno dei valletti annunciò la contesa finale.
Apparve allora una figura.
Camminava lenta e sicura di sè tra i viali fioriti di quel giardino.
Non era alta, ne aggraziata, ma libera e lesta nei movimenti.
E quando fu a pochi passi da Guisgard e da Clio fu possibile finalmente scorgerne i tratti.
Dai capelli bruni, lo sguardo tagliente e con un sorriso irriverente.
Aveva baffi ben curati, un abito da signorotto di campagna, con ben due spade che pendevano dalla sua cintura.
“Finalmente ciò che il pubblico attende, milord...” disse fissando il presunto Taddeide.
“La testa mi fa male...” Guisgard a Clio “... ed avverto lievi capogiri, ma credo che questa faccenda spetti a me...” prese la mano della ragazza per alzarsi.
Si voltò poi verso il balcone, dove Altea lo aveva chiamato.
“Tu occupati di Altea...” guardando di nuovo Clio “... qualsiasi cosa accada tu pensa a difenderla e a portarla fuori da questo posto...” restò a fissarla per un lungo momento “... va, Clio...” sussurrò.
Il suo sguardo si spostò allora verso la figura armata.
“Immagino siate Maccus...” con un sorriso di sfida.
“Immaginate bene, milord.” Annuì la figura.
“Non vedo l'ora di scoprire il vostro vero volto, allora.” Fece il presunto impostore.
“Non credete sia questo che ora vi sto mostrando?” Ridendo Maccus.
“Non credo...” scuotendo il capo Guisgard “... solitamente i ratti si nascondono nelle fogne fino all'ultimo istante... e non penso dunque che voi facciate eccezione.”
“Sempre presuntuoso ed arrogante, vero?” Fissandolo Maccus. “Un degno Taddeo.”
“I Taddei” replicò il presunto duca “sono un qualcosa che uno come voi non potrà comprendere mai.” Con aria di sfida. “I Taddei sono reali, mentre voi invece siete una sorta di burattinaio rinchiuso in questo grande e patetico teatro per sfuggire alla realtà. E sapete perchè? Perchè siete incapace di vivere davvero. Di avere una vita tutta vostra.”
“Le vostre provocazioni non mi toccano.” Con fare teatrale Maccus. “Ed è un vero un peccato, per voi, morire senza poter impugnare Mia Amata, la spada dei Taddei. Ma forse è giusto così... dopotutto, morendo qui, il vostro viaggio si interromperà e a Capomazda si dimenticheranno di voi. Di voi e della vostra illusione di essere duca.”
“Avete commesso un errore, Maccus.” Con un sorriso beffardo Guisgard. “Il copione non andrà come vi aspettate. Vi è un unico Regista e non siete certo voi.”
“Già...” annuendo Maccus “... dimenticavo... sir Guisgard è un novello Re Davide, prediletto dal Signore.” Un ghigno sul suo volto. “Ma oggi nessuno verrà a salvarvi.” Sfoderando la sua spada. “Ma non temete... guardatevi intorno... ammirate la scenografia che ho fatto montare per voi... morirete a Capomazda.”
Guisgard rise.
“Cosa avete da ridere?” Sorpreso Maccus.
“Vi ho detto che c'era un colpo di scena...” divertito Guisgard.
“Mentite!” Esclamò Maccus.
“Dimenticate che i Taddei, a Dio piacendo, non sono destinati a governare solo su Capomazda” saltando su un basso muretto il presunto Taddeide “ma anche su Sygma. E sapete quale grande Santa protegge Sygma e gli stessi Taddei?”
Maccus lo ascoltava in silenzio.
Allora Guisgard prese un ciondolo dalla tasca, per poi premere il piccolo pulsante sulla sua estremità.
Trascorsero alcuni lunghi istanti.
Poi il Sole parve oscurarsi ed un sibilo riempì l'aria.
Sul castello apparve come dal nulla la Santa Caterina.