La carrozza con a bordo Altea, Irko, Lainos e Miseria attraversò la piana su una larga strada che correva parallela al corso del maestoso fiume.
Ad avvolgerla vi era una natura imponente e prosperosa.
Lo scenario dava l'idea della vastità, con ampie foreste, monti tanto vicini che quasi potevano sfiorarsi, con rocche e torri, alcune diroccate, altre abbandonate, simili a figure d'altri tempi che si ergevano e si stagliavano su uno sfondo fatto di antica grandezza e primordiale epicità.
Ma poi, quasi all'improvviso, quella stessa natura così vasta ed imponente, sembrò come aprirsi e davanti alla carrozza apparvero le alte mura di una città meravigliosa.
Una città fatta di marmo, di mattoni policromi, di statue, di templi divenuti chiese, di palazzi alzati con tale maestria da mostrare l'armonia di un sapere che molti altri luoghi avevano ormai dimenticato.
E poi torri circolari di perfezione architettonica con pochi eguali, case disposte secondo ordini e criteri di luminosa accortezza e strade che percorrevano quel luogo in un largo ed in largo senza accavallarsi, né confondersi mai.
La carrozza entrò in quella monumentale città, svelando così l'animosa e brulicante realtà che la abitava.
Agli occhi di Altea e dei suoi compagni di viaggio quell'agglomerato urbano appariva come una straordinaria capitale di un regno antico e ricchissimo.
“Deve essere la città che abbiamo visto dalla chiesa...” disse Irko.
Ed infine la carrozza si fermò davanti ad un'imponente reggia.