Le note dell'ocarina volteggiavano quasi nell'aria, si diffondevano leggere nella penombra, come a voler stuzzicare la fantasia e disegnare immagini di luoghi lontani, incantati, fatti di colori e sapori. Erano note variegate, screziate da sensazioni ed emozioni differenti, come versi che sbocciavano simili a fiori antichi, ma sconosciuti.
Ma la malinconia e la nostalgia, accompagnate dal silenzioso ed incantato pallore lunare, si posavano come un velo sull'aria circostante, eppure così leggere da essere soffiate via da un sospiro.
E forse tra quelle note Guisgard sospirò, più volte, un nome.
Lei era ferma a fissare l'orizzonte, con quella brezza profumata di terra che soffiava tra i suoi capelli biondi.
“Mi serviva proprio l'ispirazione...” una voce all'improvviso.
Clio si voltò e non vide nessuno.
“Si, ispirato, come da una musa...” ancora quella voce.
Proveniva da dietro la grossa quercia.
“Chi è là?” Fece lei.
“Chissà...”
“Allora?” Stizzita Clio. “Non è divertente.”
“Forse un poeta...” ridendo lui “... forse un sognatore, forse un pazzo...”
“Cos'è, uno scherzo?” Avvicinandosi all'albero lei.
“O magari” sorridendo lui “un innamorato. Non vi è differenza, no?”
Era steso ai piedi della quercia.
La vide e si alzò.
I due si erano visti di sfuggita nei giorni scorsi.
Lui era arrivato da poco nel borgo.
Ma lei non era passata inosservata ai suoi occhi.
“Cosa vuoi?” Sbottò Clio.
“Sto scrivendo una storia” rispose Icarus “ma mi serviva il nome della protagonista...”
“Che idiozia...”
“Non sai neanche che storia sto scrivendo.”
“Non mi interessa.”
“Dunque posso usare il tuo nome?” Fissandola lui. “Tanto neanche la leggerai mai.”
Lei scosse il capo e si allontanò di qualche passo.
“Altrimenti mi costringerai ad indovinare da me...”
Lei lo guardò infastidita.
“Vediamo...” mormorò Icarus “... Maria? No... Laura? Direi di no... forse più esotico... Miriam? E' lo stesso di Maria... allora, magari, Sofia? Non so, non mi convince...”
“Dacci un taglio!” Esclamò lei. “O vuoi ripetere tutti i nomi delle ragazze che abitano questo borgo?”
“Dimmi il tuo allora.”
“Al diavolo!” E Clio corse via.
Guisgard smise di suonare.
“Chissà se sei sveglia...” sussurrò alla parete “... ma poi quel nome me lo dicesti, rammenti? Un pomeriggio... Clio, mi dicesti... e mi chiedesti di farne buon uso...”
Ma ad un tratto Clio udì dei rumori provenire da fuori.
Dalla finestra.