Gvineth fece preparare la sua carrozza e poco dopo lasciò il palazzo insieme ad Elisabeth, diretti al castello di De Gur.
Questi era rimasto invece a corte, per svolgere alcuni compiti pressola Guardia Ducale.
La carrozza raggiunse la campagna umida su una stretta stradina, che dalla capitale conduceva verso il castello, sito poco fuori i confini cittadini.
E la campagna, bagnata dalle copiose piogge del giorno e ammutolita dal profondo silenzio della notte, accoglieva ed avvolgeva il cammino della vettura, quasi immergendola in uno scenario incantato e surreale.
“Questa campagna” disse Gvineth fissando il buio dal finestrino “è affascinante a quest'ora... voi non credete?” Voltandosi poi verso Elisabeth. “Non so, ma guardandola col buio mi viene da immaginare tante cose.” Sorrise. “Da piccolo lo facevo spesso. Guardavo gli alberi nel buio, le montagne lontane e le sagome dei loro castelli, immaginando le storie che mi raccontavano mia madre e mia sorella.” Rise piano. “Ma devo dire che vedervi imbracciare quell'arco e chiedere a quel pallone gonfiato di Guanto di farvi da bersaglio supera di gran lunga tutte quelle storie narratemi da piccolo. Devo ammetterlo, siete una donna dalle mille risorse. Il comandante De Gur è un uomo molto fortunato.”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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