La notte era trascorsa lenta e vagamente malinconica al Convento di Santa Lucia.
Il Sole era ormai alto e illuminava quell'erbosa spianata racchiusa, dove si intravedeva avanzare già l'inquieta brughiera, da alti e muti pini secolari e che sin dai tempi più antichi sembrava esser stata dedicata ai riti della superstizione Longobarda, grazie alla presenza, non molto lontano, di alcuni blocchi grezzi di pietra messi in cerchio.
Otto di queste pietre erano ancora in piedi, mentre le altre, perlopiù spaccate o frantumate dalla devozione dei primi Cristiani giunti in queste terre, giacevano sparse a terra tra il muschio, gli sterpi ed i rovi.
Soltanto tre di queste, però, scivolate e spostate dal Tempo o dal caso, per chi crede alla sua esistenza, fin verso un breve e regolare ruscello, avevano infine deviato il suo corso, confluendone le acque dove oggi sorgeva il convento.
E quel flusso, tiepido e leggero, simile nel suo placido gorgoglio ad una lieve voce sussurrante, si diffondeva piano tutt'intorno al chiostro.
Qui Tessa, seduta su una panca di legno, tra gli screziati gerani, mentre cercava il caldo e luminoso ristoro del Sole, fu avvicinata dalla Madre Superiora, seguita dalla giovane Rabona, inviata al convento dai genitori per i suoi studi.
“Tessa...” disse la Madre Superiora “... oggi si occuperà suor Elisabeth della biblioteca. Tu infatti andrai con Suor Corale dal curato Pipino, per portargli alcuni annali conservati qui al convento. Partirete fra un'ora. Voglio che sia tu ad accompagnare Suor Corale, dato che conosci ogni testo della nostra biblioteca.”
“E la mia lezione, madre?” Chiese Robona.
“Sarà rinviata a domani.” Rispose la Madre Superiora. “Oggi ti dedicherai ai tuoi esercizi di musica con Suor Linda.” Ed andò via.
“Che barba...” sbuffò la giovane, per poi fissare Tessa “... tu almeno uscirai da queste mura... io invece dovrò sorbirmi le lezioni di Suor Linda... fortuna che tra una settimana ritornerò a casa...” chiuse gli occhi e sospirò “... sai, Tessa... ho veduto un giovane... Domenica alla messa... eh, moro, occhi scuri, volto d'Angelo... farei follie per uno così...” riaprì gli occhi “... ora che ci penso io non ho un uomo dei sogni...” con tono infantile “... no, io credo di essere innamorata dell'Amore in sé...” richiuse gli occhi “... e non capirò mai te, così cinica sugli incanti d'Amore e sempre china con la testa sui libri... credi che gli studi diano la felicità? Eh, no, mia cara... l'Amore, la passione e gli slanci di un amante innamorato rendono una donna felice...” con fare sognante.
Ma mentre Robona parlava, nella mente di Tessa continuava a mostrarsi ciò che aveva visto nel misterioso sogno fatto la notte prima.
Un paesaggio tanto bello quanto enigmatico, visto che non vi erano simili scenari a Capomazda.
Cosa dunque poteva nascondere quel luogo visto in sogno dalla giovane e razionale studiosa?