Pirros non rispose nulla a quelle parole di Tessa.
Di certo la ragazza si era dimostrata estremamente differente dalle tante ed ingenue ragazze che quell'uomo era abituato ad omaggiare e a corteggiare.
E alla fine il capo di quelle prigioni si limitò ad annuire e ad indicare gli annali.
Così, il curato Pipino, Tessa e Pirros cominciarono a consultare quegli antichi testi.
Ma con loro grande stupore i tre si accorsero che mancavano alcune pagine.
Erano stratte strappate brutalmente.
“Accidenti...” disse deluso Pirros “... come può essere accaduto? Chi ha commesso un atto simile su testi così importanti?”
“Una vera sciagura...” mormorò il curato “... mi chiedo chi davvero può essere stato e perchè...”
“Ho letto che i primi Cristiani facevano scempi di opere antiche, scrivendo versi di testi sacri su codici di matematica, geometria e di altre discipline naturali.” Fece Pirros.
“In verità” fissandolo il curato “non è certo il nostro caso questo.” Indicando gli annali davanti a loro. “Qui non sono state riscritte pagine, ma strappate. E comunque non vi è motivo religioso, visto si tratta di atti e registri che salvaguardano possessi e diritti di proprietà ecclesiastiche.”
Pirros, non avendo argomenti, evitò di replicare.
“Piuttosto” aggiunse il curato “mi viene da pensare che questi annali siano stati, come dire... censurati, ecco.”
“Censurati?” Ripetè Pirros.
“Si...” annuì il religioso “... infatti le pagine strappate, da quanto leggo, elencavano alcune concessioni e titoli promossi dai Taddei a vari monasteri di queste terre... magari qualcuno, volendo cancellare le tracce di quelle concessioni, approfittando della morte dei duchi ha pensato bene di eliminare l'unica documentazioni in grado di provarle.”
Pirros a quelle supposizioni, essendo egli legato ai due uomini che adesso si contendevano il seggio che un tempo fu dei Taddei, preferì non rispondere.
“Comunque...” si limitò a mormorare il capo del carcere “... mi servivano questi annali per capire dove terminava il Demanio Ducale intorno a queste prigioni, in quanto sono deciso ad allargarle.”
Ma proprio in quel momento un soldato entrò.
“Abbiamo problemi con il furioso, signore.” Rivolto a Pirros, quasi come se stesse parlando in codice al suo capo, per evitare di farsi capire dal curato e da Tessa.
“Si, arrivo...” annuì Pirros “... vi chiedo scusa... e mi spiace avervi fatto venire qui per nulla... vi farò accompagnare all'uscita... buongiorno, padre... madama...” con un cenno del capo a Tessa.
Ed uscì.
Poco dopo arrivò un soldato.
“Prego, vi accompagnerò all'uscita.” Disse al curato e alla ragazza.
E mentre attraversavano un corridoio verso l'uscita, il curato Pipino e Tessa udirono due carcerieri che parlottavano.
“Hai sentito?” Il primo all'altro. “Quel dannato furioso da ancora noie al signor Pirros...”
“Ma perchè diamine non lo fanno fuori?” Sbottò l'altro.
“Sei qui da mesi” replicò il primo “e ancora non hai capito che quello non è un prigioniero come gli altri.” Scosse il capo. “Io dico che è un uomo importante... si vede da come parla, da come si muove... e poi i suoi occhi... quegli occhi nascondono qualcosa... un segreto...”
I loro discorsi però non furono uditi solo dal curato e da Tessa, ma anche dal soldato che li accompagnava all'uscita.
“Vi due...” richiamandoli il soldato “... invece di star qui a parlottare e ad oziare, perchè non andate a lavorare? Forza, le segrete vanno pulite. Presto, canaglie.”
E i due carcerieri obbedirono subito, scendendo nelle segrete, sotto lo sguardo turbato del curato Pipino.