Capitolo V: Ateismo Occulto
“Non tutto è perduto; la volontà indomabile, il disegno della vendetta, l'odio immortale e il coraggio di non sottomettersi mai, di non cedere: che altro significa essere sconfitti?”
(John Milton, Paradiso Perduto)
“Io...” disse Lia ad Elisabeth “... io...” per poi esplodere per la rabbia e la disperazione “... io... io avevo creduto a vostro marito... alle sue promesse... aveva detto di amarmi, che mi avrebbe fatto diventare una gran dama... ma è... è fuggito via... lasciandomi qui da sola, in mezzo ai pericoli!” Era fuori di sé.
“Vipera!” La insultò Tilde. “Sei una vipera in seno!”
“Calmatevi.” Il Priore Tommaso a Tilde. “Insultarla non risolverà i nostri problemi.” Guardò Elisabeth. “Credo di poter dire che restare in questo castello è come consegnarci al carnefice. Verranno a prenderne possesso per darlo a qualche fedele del nuovo duca. Dobbiamo dunque lasciare questo posto e cercare un luogo sicuro. E lì penseremo al da farsi.”
Intanto, al Palazzo Ducale di Capomazda, da secoli invalicabile dimora dei nobili Taddei, simbolo del loro potere e santuario della loro Fede, una fiera e ambiziosa figura, simile ad un lupo che aveva appena sbranato capretti e sgozzato agnelli, se ne stava seduto ad un robusto tavolo in noce, con davanti una bottiglia di vino.
“Al diavolo...” disse Cimmiero, riempiendo l'ennesimo bicchiere di vino “... muovere l'agguato a quel caprone di Gvineth era solo il meno da fare... cosa faremo quando il vescovo saprà ciò che abbiamo fatto? Che valore avrà la mia testa se su di essa non sarà lui a posare l'Anello Aureo che coronò le teste dei Taddei?”
“Calmati.” Fissandolo suo fratello Guanto. “Abbiamo ancora tempo.”
“Si, tempo che ci separa dalla gogna!” Gridò Cimmiero.
Qualcuno bussò.
“Cosa vuoi?” Cimmiero al servitore appena entrato.
“Qualcuno chiede di essere ricevuto, milord.”
“Chi diavolo è?” Chiese il nuovo duca.
“Uno dei mercanti che avete incontrato giorni fa.” Rispose il servitore. “Dice che è cosa urgente. Ed è nel vostro interesse ascoltarlo.”
Cimmiero guardò Guanto e poi fece cenno al servitore di fare entrare il mercante.
Nella sala arrivò così Samondo.
I lettori lo ricorderanno in quanto giunto a Capomazda con Clio e gli uomini di Azable il collezionista.
“Ebbene?” Guardandolo Cimmiero.
“Vengo a nome del mio signore, messere Azable.” Fece Samondo.
“Vi ascolto.” Annuì Cimmiero.
“Possiamo aiutarvi.”
“Aiutarci?” Ripetè Guanto. “Voi? E come? Siete solo mercanti!”
“In verità” mormorò Samondo “non proprio...”
“Avanti, parlate...” incuriosito Cimmiero.