Capitolo VI: Il ritorno del duca
“Sistemate le redini, posta la staffa al palafreno,
giunge l'ora della commiato. Oh, l'avventura!”
(Betran de Born)
Lasciarono il palazzo per imboccare uno stretto sentiero dal bucolico aspetto, fittamente racchiuso da frondose querce Afragolignonesi che parevano donare un che di ancestrale e selvaggio a quei luoghi.
Il cielo era denso di alte e scure nubi che avvolgevano anche l'orizzonte, come se avessero ingoiato i monti lontani e tutti i borghi, i castelli e quanto su di essi era stato eretto nei secoli.
Icarius era in sella ad un fiero basco Cavanese, dal manto grigio e chiazzato di nero, mentre Clio cavalcava un palafreno bianco come la neve.
Attorno a loro vi erano Rodolfo ed i suoi fedeli, tutti abbigliati con i tipici costumi dei cacciatori.
Ma quando raggiunsero la strada maestra che portava verso la capitale, videro lungo la via un corteo.
Erano una ventina di uomini.
Quelli intorno al drappello sembravano cavalieri, mentre gli ultimi che chiudevano il gruppo senza dubbio erano servitori.
Ma al centro di quel corteo figuravano due che dai modi e dalla presenza sembravano superare per importanza tutti gli altri.
Uno era di certo un funzionario, forse borghese di nascita, ma di certo benestante e di una certa autorevolezza, visto gli abiti che indossava.
L'altro però, pur non apparendo nobile, lo superava di certo per il portamento e l'arroganza.
Indossava un lungo mantello con cappuccio del più pregiato tessuto di Fiandra, che ricadeva in ampie pieghe armoniose sulla sua figura snella e slanciata.
E come quel suo abito rivelava ben poco disprezzo per le vanità del mondo, così il suo sguardo tradiva poca affinità alla modestia ed alla privazione.
E nell'udire il calpestio dei cavalli che li precedevano, quegli uomini si fermarono, voltandosi indietro e scorgendo allora Icarius, Clio e tutti gli altri.
“Salute a voi.” Disse il funzionario. “Sapete dirci quanto dista la capitale di questo ducato?”
“Chi lo domanda?” Chiese Rodolfo.
“Messere...” fece il funzionario “... questi è sua eccellenza messer Ambutos, ambasciatore della libera città di Maruania qui a Capomazda.” Indicando l'uomo dal lungo e pregiato mantello.
E proprio questi alzò lo sguardo verso quegli uomini, indugiando soprattutto su Icarius.
E nel fissarlo mostrò poi un enigmatico sorriso.